lunedì 1 novembre 2021

Due vite


 Subito dopo la tua morte, io e Valeria immaginavamo che fossi in una casa, in riva al mare, insieme a nonna Caterina, a nonno Carlo ed a Charlie, il nonno ed il suo cane, che in realtà non avete mai conosciuto. Dietro la casa ci sarebbe stato un campo di girasoli, di fronte le dune tipiche della Maremma ed il mare. Era bello pensare che la vita continuasse anche per te, in un'altra dimensione.

Ciò che invece continua è la nostra vita e quella dell'albero che abbiamo piantato in tua memoria. A distanza di quasi dieci anni mi piacerebbe incontrarti, in quella casa sul mare, e raccontarti cosa ci è successo.

(Io non prego, non vado in chiesa, ed anche andare sulla tua tomba mi è difficile, perchè  il tempo lì sembra solo fermarsi. Quindi lasciare le mie parole, il dialogo che immagino con te, nello spazio di internet equivale ad accedere ad un'altra realta. E' certo una illusione, ma allevia, un poco, il dolore.)

Ti racconterei che è stata dura ritrovare un senso al mio lavoro, alle attività quotidiane, alle relazioni con gli altri, è stato  quasi impossibile appassionarsi di nuovo o riuscire ad essere, a volte, brevemente, contenta. Però è successo ed io e Giuseppe ci siamo sposati, abbiamo cambiato casa, Valeria ha scelto il liceo classico e si è diplomata. Si è trasferita a Roma ed ora studia Arte e scienze dello spettacolo, come desiderava. Vedere lei continuare a vivere mi rende felice.

Particolarmente duro, quasi insostenibile, è stato immaginare, per ogni svolta, per ogni conquista di crescita, come sarebbe stato per te. In questi nove anni ho vissuto due vite: la nostra senza di te e quella che avrebbe potuto essere con te. Ad ogni passo che abbiamo fatto mi sono chiesta come sarebbe stato se tu vi avessi partecipato, per ogni evento che abbiamo vissuto, come avresti reagito. Mi sono immaginata le tue parole, i tuoi sorrisi e le tue risate. Al matrimonio saresti stata contenta e sollevata di vedermi di nuovo serena. Per la mia promozione a Direttrice di UO avresti avuto una reazione di orgoglio, ma anche di ironia sul mio essere sempre "la prima della classe". Per la morte del nonno Donato saresti stata molto triste. Spicciola, la nostra cagnolina, ti sarebbe sicuramente piaciuta. 

Ma mi domando anche se ti conoscevo abbastanza da prevedere le tue azioni.  

La risposta ovviamente è no. 

Perchè non ho saputo prevedere  il tuo gesto, non ho saputo leggere la tua angoscia, il tuo panico, non ho saputo allora aiutarti. E' una orribile verità che riesco solo ora ad ammettere, senza massacrarmi, una verità che  mi fa indietreggiare di fronte al desiderio di immaginarti.

Quindi cara Matilde, non so che donna saresti diventata e non lo saprò mai, anche se il mio pensiero continua ad attorcigliarsi intorno agli indizi che mi arrivano dalla vita delle tue coetanee.

Spero solo che in una qualche dimensione spirituale ( ci sarà pure un paradiso?) o tecnologica (la ricerca sulle Intelligenze Artificiali o sulla clonazione) o fisica (uno degli universi paralleli della teoria delle stringhe) ci si possa ritrovare.

Intanto guardo crescere il tuo albero.


martedì 7 settembre 2021

Per crescere un bambino ci vuole un villaggio.

 PROPOSTE PER UNA CITTA' A MISURA DI RAGAZZI

Nella campagna elettorale per Grosseto Città Aperta mi sembra utile  pubblicare su questo  blog i motivi per cui la nostra lista  ed il mio contributo potrebbero fare la differenza per Grosseto.

Comincio quindi da uno degli argomenti sul quale mi sento più preparata: come tutelare il benessere psicosociale dei nostri ragazzi. Ho avuto la fortuna in questi anni di lavorare a stretto contatto con molti adolescenti e giovani, di ascoltare le loro insoddisfazioni, le richieste al mondo degli adulti, i sogni su loro futuro.

La prima fondamentale criticità che ravvedo, insieme ai colleghi che con me hanno lavorato sulla salute mentale dell'adolescenza, è la mancanza di spazi urbani adeguati all'età tra i 12 ed i 18 anni.

Anche se siamo siamo abbastanza fortunati, perchè Grosseto ha molti spazi verdi, molte piazze, molti edifici pubblici (spesso da ristrutturare), è ' mancata però, soprattutto negli ultimi anni, una visione per usare gli spazi verdi o alcuni edifici pubblici  in modo inclusivo e partecipato.

I nostri ragazzi vanno il sabato in centro, a fare "le vasche", qualcuno va sulle Mura, a fumare e chiacchierare. Utilizzano gli spazi che ci sono, ma senza che siano stati progettati per loro.

Poi c'erano al parco di via Giotto delle rampe per gli skate, che sono state levate. Mi hanno raccontato  che è successo  perchè erano usati da bambini piccoli che involontariamente erano stati investiti da ragazzi sugli skate. La soluzione è stata semplicemente levare le rampe, senza riuscire a progettare degli spazi adeguati alle diverse età.

Fateci caso: a Grosseto ci sono diverse aree giochi per bambini e famiglie, ma se si scavalca l'età delle scuole elementari scompare qualsiasi spazio pensato per la comunità giovane.

Anche le panchine e i tavoli al parco di via Giotto sono contati e contesi. I ragazzi mi raccontano che soprattutto con il lockdown andare a studiare all'aperto con gli amici era un modo di ritrovarsi senza doversi chiudere in casa. Ma dovevano stendersi nei prati, perchè non ci sono abbastanza tavoli.


I  nostri ragazzi non sanno dove andare per stare insieme, oltre alla scuola e allo sport. Ma sia nella scuola che nelle attività sportive i gruppi  non sono costruiti con delle scelte libere, quasi sempre sono già formati. Invece l'età dell'adolescenza  si pone al limite tra la ricerca dell'autonomia e della libertà ed il bisogno ancora di protezione e guida.

Gli adulti devono cogliere i bisogni e accompagnarli, ma anche lasciarli andare e permettere che sperimentino da soli. I ragazzi non vogliono amici imposti, relazioni già chiuse, programmi già decisi, vogliono provare a sperimentare nuovi percorsi.

Dobbiamo pensare di rivitalizzare i parchi come luoghi di incontro, oltre che con panchine e fontane o giochi per bambini, anche con rampe per fare skateboard o strutture per il parkour o spazi per pattinare. Questo eviterebbe che gli adolescenti competino per l'uso dei giochi nel parco di via Ximenes. Invece di mettere le grate ed i cancelli bisogna offrire spazi adeguati per loro.

Anche le Mura, che sono state chiuse dai cancelli in virtù di una presunta sicurezza,  potrebbero rappresentare l'ambiente adatto a  dei punti di incontro o all'organizzazione di manifestazioni per i ragazzi, attraverso  con un meccanismo di autogestione responsabile,  con il coinvolgimento delle associazioni degli studenti.

Gli adulti dovrebbero solo fare da supervisori di queste attività, con educatori professionali e psicologi formati in un ottica di psicologia di comunità.(Perchè la psicologia e l'educazione non si applicano solo al singolo, ma prima di tutto alla vita dei gruppi sociali).


Stesso discorso per i campi di calcio o da tennis o per la pallavolo: perchè non pensarle non solo affidate ad associazioni sportive, ma anche come campi da prenotare autonomamente a prezzi sociali, adatti a ragazzi che non hanno grandi risorse?

Non possiamo ripeto contare solo sulle famiglie, perchè è discriminante: ci sono famiglie che possono permettersi di organizzare il tempo dei propri figli con mille attività, fino ad arrivare a volte al rischio di un tempo forzato, senza spazi liberi  e di autonomia, mentre  ci sono altre, che invece non possono offrire le stesse opportunità, nelle quali  i ragazzi corrono il rischio opposto di sentire il vuoto e la noia in modo distruttivo.

Con la Consulta degli studenti si potrebbe programmare l'uso partecipato delle piazze e dei parchi ascoltando le loro idee ed i loro progetti, organizzando dei concorsi che preminio i progetti migliori, permettendo loro di essere protagonisti degli eventi culturali e non solo fruitori di qualcosa pensato da altri.

Per ultimo un punto importante già citato anche nel programma di GCA: aumentare in numero e la qualità delle piste ciclabili (che non finiscano improvvisamente agli incroci o contro paletti) per consentire la mobilità su bici e quindi incentivare l'autonomia dei ragazzi,  non solo perchè è giusto per il nostro ambiente, ma anche perchè i ragazzi possano crescere più responsabili. Ne sono capaci se diamo loro fiducia.

In sintesi per preservare la salute mentale, il benessere biopsicosociale dei ragazzi, per passare loro il testimone di una politica e di una amministrazione più responsabile, condivisa e partecipata le parole d'ordine sulle quali fondarci sono Ascolto, Autonomia, Autogestione Responsabile

In questo modo potremo avere Innovazione, Sviluppo e Cultura.


giovedì 2 settembre 2021

La mia candidatura per la lista Grosseto Città Aperta


 La politica siamo noi, parafrasando una bellissima canzone di De Gregori. Perchè la politica  è qualcosa che non si può evitare, se anche puoi fingere di non occupartene, la politica si occuperà di te. Quindi è meglio prenderne parte, farsi attivi partecipanti.

Ho avuto un padre socialista che ha passato a me ed ai miei fratelli un forte senso di impegno. La politica l'ha vissuta come un servizio civile, come un modo per migliorare la sua città, la città aperta che aveva scelto, e lasciare qualcosa che fosse migliore per i suoi figli.  E in parte ci è riuscito, perchè se Grosseto è una città "bellissima" è perchè le sue amministrazioni di sinistra hanno preservato gli spazi verdi, hanno costruito case popolari che non fossero ghetti, hanno curato la distribuzione dei servizi socio assistenziali in diversi punti accessibili.

Ho scelto un lavoro che in qualche modo continuasse questo impegno, ho studiato psicologia non con l'idea di molti miei colleghi di aprire uno studio privato e di rinchiudermi a fare psicoterapie, ma con la passione per cui se un cambiamento è possibile allora passa attraverso la coscienza di ognuno.

So che è una sfida incredibile, ma se si crede che ogni uomo abbia un potenziale positivo e che le storture derivino da condizioni sociali ed ambientali che si possono modificare, allora aiutare persona per persona a superare gli ostacoli alla sua crescita e farlo ritornare ad utilizzare il suo potenziale diventa un lavoro politico.

Il mio lavoro quindi  non poteva svolgersi negli studi privati, ma solo nei servizi pubblici, insieme ai medici, insieme agli assistenti sociali, insieme ai funzionari che programmano la salute pubblica.

Lavoro da ormai quasi 30 anni nella Azienda USL  TSE occupandomi da molto tempo della salute mentale dell'infanzia e dell'adolescenza, delle situazioni di handicap, delle famiglie fragili, delle violenze e dei maltrattamenti. Poi in questi ultimi dieci anni mi sono spostata sempre di più sul settore dei disturbi alimentari e da questo anno sono anche stata nominata direttrice della unità operativa di Psicologia della provincia.  Mi sento una professionista civica, il mio impegno è prima di tutto con la cittadinanza, con gli utenti, con chi ha bisogno di aiuto. Il budget, la programmazione, le regole e i ruoli devono servire a migliorare la vita di chi deve recuperare la sua salute e a creare le condizioni perchè alcune malattie possano essere evitate, sono strumenti, non fini.

La politica è anche fatica e soprattuto continua mediazione,  necessita di grande pazienza, non sempre ne sono dotata. Adesso però mi hanno proposto di impegnarmi per la campagna elettorale per la mia città  e mi sono sentita di dover dare il mio contributo. Quindi eccomi, mi metto a disposizione, ancora una volta per un progetto in cui credo, che condivido in pieno e che può ridare a Grosseto l'occasione di essere una città più vivibile e solidale (che poi sia anche bella è qualcosa in più).


giovedì 31 dicembre 2020

Saluti al 2020

 Ci sono anni che vengono ricordati più di altri.

Per me è stato quanto è avvenuto nel 2012, una frattura irrimediabile.

Niente al confronto può reggere, neanche la pandemia che ci ha chiuso in casa per mesi, che ci ha rubato gli abbracci ed i baci, che ci ha nascosto le espressioni più care dietro le mascherine protettive.

Durante tutto l'anno mi sono ripetuta che anche la pandemia sarebbe finita, perché non c'è niente di umano che non abbia una fine. E che l'avrei gestita, perché sono sopravvissuta ad un'altra catastrofe e ora niente mi spaventa.

Anche il dolore che non credevo sarei riuscita a tollerare, alla fine è diventato parte delle mie giornate, parte essenziale, ma che non attacca la mia voglia di vivere e di partecipare.

Quindi anche questa pandemia finirà, forse non subito nel nuovo anno, forse ci vorrà anche tutto il 2021. Ma finirà.

Però il 2020 sarà ricordato anche  per un lascito  più importante: l'occasione di riconsiderare le priorità.

Quando accade qualcosa di catastrofico, che va a colpire l'abitudinaria inconsapevolezza della nostra quotidianità e la scardina, siamo costretti a vedere cosa è  importante, quali siano i nostri congiunti, se vale di più un'ora di lavoro o un'ora d'amore, se la salute viene prima dei guadagni, se il  nostro divertimento è compatibile con la sopravvivenza dei nostri nonni, se chi ci governa è in grado di fare davvero il bene del paese.

Per questo molti hanno sperato che dalla pandemia del 2020 potessimo uscire migliori.

Peccato che ci sia un problema, l'animo umano  si abitua velocemente a tutto, anche alle catastrofi. Se la consapevolezza non viene coltivata, se non si accetta il dolore e  non lo si rende una parte di noi, anche solo come un piccolo cambiamento nei nostri pensieri, allora la tendenza è quella di rimuoverlo velocemente, di nasconderlo dietro l'illusione che tutto torni "come prima".

Quindi caro 2020 ti saluto augurandomi che non verrai dimenticato, che il tuo lascito rimanga nei nostri pensieri e che tutto non torni come prima.

Al 2021 il compito di porci altre sfide di consapevolezza.


domenica 26 gennaio 2020

Silenzio e ritorni

E passato più di un anno di silenzio in queste pagine virtuali.
Oggi ritorno.
Senza motivi, né per il silenzio, né per il ritorno.

domenica 11 novembre 2018

Gli innocenti muoiono.




Ieri sera ho visto il film di Alessandro Capitani In viaggio con Adele. Alla proiezione ha partecipato anche il regista,  premiato nel 2016, meritatamente, per il corto Bellissima con un David di Donatello.
E' la storia di un incontro tra un padre e una figlia, molto diversi inizialmente, che si scoprono vicini durante un viaggio.
Risultati immagini per in viaggio con adeleAldo deve fare un provino importantissimo per la sua carriera e Adele vuole incontrare il suo fidanzato. Ma nel viaggio, in cui ognuno dei due aspira a qualcosa che crede molto importante, alla fine ciò che cercano si rivela una illusione.
Forse è questa rivelazione intrecciata che li unisce, forse è una sintonia nel sentirsi fuori posto, lei  eccentrica, "neurodiversa", lui attore e quindi per definizione fuori dalla realtà.
La storia scorre in paesaggi italiani dimessi, un po' piatti, con una fotografia pastello, che amplifica il pigiama rosa indossato da Adele come maschera, rifugio, nota eversiva della sua neurodiversità.
Ad un certo punto c'è il distacco tra padre , ancora non rivelato, e figlia. Ognuno torna alla sua vita precedente. Adele risale sull'albero sul quale l'avevamo vista all'inizio del film, Aldo prova a conquistare la sua parte nel cinema.
La storia che si era costruita come una favola ironica, a metà tra il road-movie e un romanzo rosa ha uno schiaffo di realtà.
Il personaggio di Adele è molto potente nella sua bambinesca irriverenza, ma è comunque un personaggio fragile, impotente, innocente e inadatto alla vita. Lei prova a definirla  e incasellarla con i fogliettini fucsia, ma la vita le sfugge.
Aldo è nevrotico, ipocondriaco, incoerente e pavido. Non se la sente di prendersi la responsabilità della sua paternità.
Il film aveva in quel momento due possibilità: un finale rosa pastello o un finale nero amaro.
Capitani lasciava aperto il finale di  Bellissima,  sul sorriso della protagonista, ma senza indicare se ci sarebbe stato davvero l'amore. Lo sceneggiatore del film Nicola Guaglianone ha scritto anche la sceneggiatura di Lo chiamavano Jeeg Robot. Il personaggio di Adele ricorda infatti molto quello di Alessia, che però ha un destino tragico.
Riflettendo su questi precedenti ho chiesto al regista se ci fosse stato una discussione sul finale, ma lui ha risposto che fin dall'inizio aveva visualizzato una sola immagine (che non vi spoilero, almeno quella).
Purtroppo anche gli spettatori se lo aspettano fin dall'inizio, è così ovvio che una favola deve finire bene.
Nella realtà  gli innocenti muoiono, soccombono ai fallimenti e alle incomprensioni dei pavidi.
Mi si dirà che appunto si tratta di un film e che quindi almeno nei film si può lasciare la speranza. Però in questo caso  la storia avrebbe acquisito maggiore forza e autenticità, lo scontro tra il rosa e il nero avrebbe spinto ad interrogarsi sulle pieghe dei destini che si incrociano, con un effetto di profondità.
In ogni caso In viaggio con Adele merita di essere visto, anche solo per la bravura dei protagonisti, la conferma di Haber e la scoperta di Sara Serraiocco.
Se vi va, scrivetemi che ne pensate.

sabato 21 aprile 2018

Anna Karenina e L'idiota, ovvero del M5S e del PD.

Dalla mie recente immersione nella cultura russa  traggo alcuni spunti di riflessione sul presente della politica.
Il ragionamento è un po' contorto, ma breve.
Ho letto Anna Karenina, era da tempo che me lo ripromettevo.
Mi ha coinvolto non tanto la vicenda sentimentale tra Anna e Vronskij, che già conoscevo attraverso i vari adattamenti cinematografici, ma la seconda storia, l'amore tra  Levin e  Kitty.
Tolstoj attraverso il suo alter ego Levin  racconta un percorso di riflessione filosofica e morale sul matrimonio e soprattutto sull'idea di giustizia, su modelli sociali e politici. Contrappone la visione di una natura e della vita in campagna come ordinata e sostanzialmente serena, ad una descrizione della vita sociale in città piena di intrighi e immoralità.
Anche Dostoevskij ne L'idiota non parla solo dell'amore del principe Myskin per Natalia e Aglaja. Rappresenta una idea di un mondo di relazioni complicate, nelle quali solo il sacrificio di una persona fondamentalmente ingenua può provare a rendere giustizia a chi è stato offeso.
I due protagonisti, Levin e Myskin, rappresentano due idee di bontà: una bontà illuminista versus una bontà tragica.
La bontà della ragione e la bontà del conflitto.
Una visione di un mondo potenzialmente ordinato e giusto, contro una visione del mondo complicato e in mano al caos.
Il conte Levin riflette, si perde nel mondo corrotto della città, sembra essersi ritirato e rifugiato nel mondo bucolico e  nella sua delusione, ma poi torna al suo unico vero amore, Kitty.
La povera Anna che non riesce a capire cosa prova ed a dare un ordine alle sue passioni è destinata a perdersi nella relazione con Vronskij, viene tradita e sceglie di punirsi. Il bene e il male sono chiari, definiti, la giustizia trionfa.
Il principe Myskin agisce le sue emozioni, si schiera a difendere Natalia, ma in realtà ama Aglaja, tenta di portare armonia e giustizia tra i suoi amici e invece viene travolto dal disordine delle passioni. Non trova il modo di vivere il suo amore ed è lentamente trascinato in un destino contrario. Voleva fare il bene, ma risulta un ingenuo perdente.
Mi sembra che si delineino due visoni profondamente diverse.
Se il mondo è ordinato e fondamentalmente buono, naturalmente buono, si può sperare (ma a volte pretendere) che prima o poi ci sia una conciliazione e l'attuazione della bontà, in terra o nei cieli.
Se il mondo è un caos di dolore incontrollato (come ci dice D.W.Foster) si può solo operare per facilitare il minore dei mali possibili, tentare la mediazione tra i contrasti, accontentarsi di un risultato parziale.

Levin è vicino alla sinistra totalitaria, al cattolicesimo dell'Inquisizione che condanna, ai vari fanatismi idealisti, come il Movimento 5 Stelle.
L'idiota sembra la sinistra socialdemocratica,  incastrata nei conflitti e a volte nelle scelte di fede irrazionali,   spesso perdente, come il PD.