Ci sono ancora persone
che pensano e dicono che le coppie omosessuali che vogliono crescere
dei figli sono “contro natura”, Alfano non è l'unico, i social
media sono pieni di commenti simili in questi giorni.
Al di là della banale
considerazione che la famiglia non è un dato naturale, ma una
espressione sociale e culturale, una forma antropologica, l'idea che
delle coppie omosessuali non possano essere dei buoni genitori
risulta un tema di riflessione particolarmente intrigante per una
psicologa come me, che lavora con bambini e genitori, tutti i giorni,
da molti anni.
Essere figli e diventare
genitori (o scegliere di non esserlo) sono esperienze universali e
particolari allo stesso tempo: perchè riguardano tutti, ma poi
ognuno ha come riferimento la propria singola esperienza.
In qualche modo questo
tema appassiona perchè tocca da vicino qualcosa che crediamo di
conoscere molto bene, qualcosa su cui ci sentiamo a priori degli
esperti.
Questo è così vero che
ogni volta che ho visto citare gli studi psicologici che documentano
che lo sviluppo psicosessuale dei figli in famiglie omogenitoriali
non è sostanzialmente diverso da quello dei ragazzi cresciuti in
famiglie eterosessuali, studi che non trovano differenze
significative né per quello che riguarda l'orientamento sessuale, né
per l'identità di genere (1), questo argomento viene alla fine
semplicemente ignorato oppure trattato come un dato relativo.
Nelle opinioni risulta
molto più forte e importante il riferimento alla propria esperienza:
“io so che se fossi cresciuto da due omosessuali (in base al
pregiudizio che ho nei loro confronti) mi sarei trovato male, mi
sarebbe mancata la mamma oppure il papà”.
In modo molto evidente,
nelle foto e negli slogan sui social media, emerge quanto il vero
punto della discussione sia l'impossibilità di concepire che possa
esserci un altro modo di essere figli o genitori. Vale lo stesso
principio per cui se sono cresciuto con una morale rigida sui
rapporti prematrimoniali e non l'ho mai contestata, non concepirò
che i miei figli non crescano nello stesso modo o che mia moglie
possa avere una morale diversa.
Non serve quindi a quasi
niente ricordare ancora una volta gli studi che rilevano che oltre
il 90% dei figli di famiglie omogenitoriali ha un orientamento
eterosessuale, una percentuale sovrapponibile a quella dei figli
delle famiglie eterosessuali.
Si tende a usare
“naturale” come sinonimo di ciò che ci è stato trasmesso, senza
che ci sia bisogno di spiegazioni e pensiero critico, ciò che
assimiliamo all'interno di relazioni importanti e fondanti la nostra
stessa identità.
Uno dei training
fondamentali per diventare psicologo clinico e psicoterapeuta
consiste nella ricostruzione della propria storia personale e
familiare attraverso il confronto critico con uno psicoanalista, uno
psicoterapeuta o un gruppo di pari che analizzano insieme il proprio
“genogramma”. Chi si trova a doversi confrontare infatti con le
patologie delle relazioni familiari o con la sofferenza mentale del
singolo ha bisogno di vedere da una prospettiva critica prima di
tutto la propria storia, per non assolutizzarla e non farla diventare
il metro con la quale giudicare quella degli altri.
Non so come sia possibile
far sperimentare lo stesso decentramento a chi sostiene con tanto
vigore e furore propagandistico che non può esistere altra famiglia
oltre a quella che lui stesso ha conosciuto.
Spesso le convinzioni ed
i pregiudizi sociali cominciano a modificarsi solo nella estensione
del fenomeno, solo quando cominceremo a conoscere davvero figli
cresciuti da coppie omogenitoriali e ci troveremo a conversare, fuori
dalla scuola, aspettando i pargoli nel giardino, con il papà o la
mamma della coppia che prima guardavamo con sospetto e scopriremo che
hanno le stesse nostre esperienze, le stesse paure, le stesse
emozioni.
Forse semplicemente dovrà
succedere che nostro figlio ci confessi che ama un uomo e che
vorrebbe avere un figlio oppure che nostra figlia si innamori di un
ragazzo cresciuto da due mamme.
Poco meno di 40 anni fa
anche chi era contrario al divorzio sosteneva che i figli dei
genitori divorziati erano destinati ad essere tutti sofferenti.
Mentre i fattori che influenzano la serenità dei figli sono molti e
presenti sia nelle coppie sposate che separate: ad esempio il livello
di conflittualità espressa o repressa tra i genitori, oppure la
depressione o un altro disturbo psicopatologico, ma non la
separazione in sé.
Anche per l'aborto ci fu
una forte mobilitazione contraria e molti fecero previsioni
catastrofiche sull'uso che le donne ne avrebbero fatto. Invece il
numero di aborti è costantemente diminuito e si è dimezzato
rispetto ai primi anni dall'approvazione della legge 194/78. Secondo
il rapporto del Ministero della Salute del 2013 in Italia abbiamo uno
dei tassi di interruzione di gravidanza più bassi tra quelli dei
paesi industrializzati.
I cambiamenti del costume
sociale non saranno ostacolati dalle opinioni di chi cerca di
conservare ciò che appare “naturale” solo perchè è
consuetudine, i cambiamenti avverranno comunque, è bene quindi che
il legislatore possa intervenire per regolamentare le nuove relazioni
sociali che si creano. Vietare o non riconoscere alcuni diritti, che
corrispondono a una diversa tipologia di relazione familiare, non
serve e alla lunga crea solo ulteriori disfunzioni e ingiustizie.
Invece regolamentare aiuta a definire meglio i limiti e le
responsabilità dei singoli verso il corpo sociale.
E' una realtà sociale
l'esistenza di coppie di donne che hanno avuto un figlio ed è il
figlio a soffrire della mancanza del diritto di essere accudito da
una delle sue mamme.
E' anche una realtà che
il fattore che ostacola sia lo sviluppo dei figli di coppie
divorziate, sia le donne che si assumono la responsabilità di un
aborto, sia i bambini che vivono con coppie omogenitoriali è
rappresentato dallo stigma sociale. L'intolleranza, il giudizio
morale, la discriminazione rappresentano i veri fattori di rischio di
un sano sviluppo.
La famiglia è una
costruzione sociale e culturale, così come l'idea di maternità o di
paternità. Ha dei vincoli biologici che sono determinanti per lo
sviluppo dell'individuo, ma altrettanto determinante è il
significato psicologico individuale, sociale e culturale che viene
dato al vincolo biologico. (Tra parentesi gli studi di gender si
occupano di approfondire le variabili implicate nella definizione di
maschio o femmina, non sono una ideologia, ma un campo di teorie e
osservazioni molto complesso).
Un grande scrittore
diversi anni fa sosteneva che tutte le famiglie felici si somigliano,
mentre ogni famiglia infelice lo è a modo suo.
Però ogni storia
familiare può essere felice o infelice a modo suo, l'importante è
capire come lo è diventata, felice o infelice, non giudicarla in
base a norme e verità che probabilmente nessuno può detenere.
1 – 26 studi
esaminati da Prati e Pietrantoni (2008) sulla Rivista Sperimentale di
freniatria, 77 studi scientifici Individuati nell’ambito del
progetto Whatweknow della Columbia Law School di New York, 150 studi
presi in esame dal report Patterson (2005) presente sul sito della
American Psychological Association.