lunedì 7 marzo 2016

Tutte le famiglie si somigliano?

Ci sono ancora persone che pensano e dicono che le coppie omosessuali che vogliono crescere dei figli sono “contro natura”, Alfano non è l'unico, i social media sono pieni di commenti simili in questi giorni.
Al di là della banale considerazione che la famiglia non è un dato naturale, ma una espressione sociale e culturale, una forma antropologica, l'idea che delle coppie omosessuali non possano essere dei buoni genitori risulta un tema di riflessione particolarmente intrigante per una psicologa come me, che lavora con bambini e genitori, tutti i giorni, da molti anni.
Essere figli e diventare genitori (o scegliere di non esserlo) sono esperienze universali e particolari allo stesso tempo: perchè riguardano tutti, ma poi ognuno ha come riferimento la propria singola esperienza.
In qualche modo questo tema appassiona perchè tocca da vicino qualcosa che crediamo di conoscere molto bene, qualcosa su cui ci sentiamo a priori degli esperti.
Questo è così vero che ogni volta che ho visto citare gli studi psicologici che documentano che lo sviluppo psicosessuale dei figli in famiglie omogenitoriali non è sostanzialmente diverso da quello dei ragazzi cresciuti in famiglie eterosessuali, studi che non trovano differenze significative né per quello che riguarda l'orientamento sessuale, né per l'identità di genere (1), questo argomento viene alla fine semplicemente ignorato oppure trattato come un dato relativo.
Nelle opinioni risulta molto più forte e importante il riferimento alla propria esperienza: “io so che se fossi cresciuto da due omosessuali (in base al pregiudizio che ho nei loro confronti) mi sarei trovato male, mi sarebbe mancata la mamma oppure il papà”.
In modo molto evidente, nelle foto e negli slogan sui social media, emerge quanto il vero punto della discussione sia l'impossibilità di concepire che possa esserci un altro modo di essere figli o genitori. Vale lo stesso principio per cui se sono cresciuto con una morale rigida sui rapporti prematrimoniali e non l'ho mai contestata, non concepirò che i miei figli non crescano nello stesso modo o che mia moglie possa avere una morale diversa.
Non serve quindi a quasi niente ricordare ancora una volta gli studi che rilevano che oltre il 90% dei figli di famiglie omogenitoriali ha un orientamento eterosessuale, una percentuale sovrapponibile a quella dei figli delle famiglie eterosessuali.
Si tende a usare “naturale” come sinonimo di ciò che ci è stato trasmesso, senza che ci sia bisogno di spiegazioni e pensiero critico, ciò che assimiliamo all'interno di relazioni importanti e fondanti la nostra stessa identità.
Uno dei training fondamentali per diventare psicologo clinico e psicoterapeuta consiste nella ricostruzione della propria storia personale e familiare attraverso il confronto critico con uno psicoanalista, uno psicoterapeuta o un gruppo di pari che analizzano insieme il proprio “genogramma”. Chi si trova a doversi confrontare infatti con le patologie delle relazioni familiari o con la sofferenza mentale del singolo ha bisogno di vedere da una prospettiva critica prima di tutto la propria storia, per non assolutizzarla e non farla diventare il metro con la quale giudicare quella degli altri.
Non so come sia possibile far sperimentare lo stesso decentramento a chi sostiene con tanto vigore e furore propagandistico che non può esistere altra famiglia oltre a quella che lui stesso ha conosciuto.
Spesso le convinzioni ed i pregiudizi sociali cominciano a modificarsi solo nella estensione del fenomeno, solo quando cominceremo a conoscere davvero figli cresciuti da coppie omogenitoriali e ci troveremo a conversare, fuori dalla scuola, aspettando i pargoli nel giardino, con il papà o la mamma della coppia che prima guardavamo con sospetto e scopriremo che hanno le stesse nostre esperienze, le stesse paure, le stesse emozioni.
Forse semplicemente dovrà succedere che nostro figlio ci confessi che ama un uomo e che vorrebbe avere un figlio oppure che nostra figlia si innamori di un ragazzo cresciuto da due mamme.
Poco meno di 40 anni fa anche chi era contrario al divorzio sosteneva che i figli dei genitori divorziati erano destinati ad essere tutti sofferenti. Mentre i fattori che influenzano la serenità dei figli sono molti e presenti sia nelle coppie sposate che separate: ad esempio il livello di conflittualità espressa o repressa tra i genitori, oppure la depressione o un altro disturbo psicopatologico, ma non la separazione in sé.
Anche per l'aborto ci fu una forte mobilitazione contraria e molti fecero previsioni catastrofiche sull'uso che le donne ne avrebbero fatto. Invece il numero di aborti è costantemente diminuito e si è dimezzato rispetto ai primi anni dall'approvazione della legge 194/78. Secondo il rapporto del Ministero della Salute del 2013 in Italia abbiamo uno dei tassi di interruzione di gravidanza più bassi tra quelli dei paesi industrializzati.
I cambiamenti del costume sociale non saranno ostacolati dalle opinioni di chi cerca di conservare ciò che appare “naturale” solo perchè è consuetudine, i cambiamenti avverranno comunque, è bene quindi che il legislatore possa intervenire per regolamentare le nuove relazioni sociali che si creano. Vietare o non riconoscere alcuni diritti, che corrispondono a una diversa tipologia di relazione familiare, non serve e alla lunga crea solo ulteriori disfunzioni e ingiustizie. Invece regolamentare aiuta a definire meglio i limiti e le responsabilità dei singoli verso il corpo sociale.
E' una realtà sociale l'esistenza di coppie di donne che hanno avuto un figlio ed è il figlio a soffrire della mancanza del diritto di essere accudito da una delle sue mamme.
E' anche una realtà che il fattore che ostacola sia lo sviluppo dei figli di coppie divorziate, sia le donne che si assumono la responsabilità di un aborto, sia i bambini che vivono con coppie omogenitoriali è rappresentato dallo stigma sociale. L'intolleranza, il giudizio morale, la discriminazione rappresentano i veri fattori di rischio di un sano sviluppo.
La famiglia è una costruzione sociale e culturale, così come l'idea di maternità o di paternità. Ha dei vincoli biologici che sono determinanti per lo sviluppo dell'individuo, ma altrettanto determinante è il significato psicologico individuale, sociale e culturale che viene dato al vincolo biologico. (Tra parentesi gli studi di gender si occupano di approfondire le variabili implicate nella definizione di maschio o femmina, non sono una ideologia, ma un campo di teorie e osservazioni molto complesso).
Un grande scrittore diversi anni fa sosteneva che tutte le famiglie felici si somigliano, mentre ogni famiglia infelice lo è a modo suo.
Però ogni storia familiare può essere felice o infelice a modo suo, l'importante è capire come lo è diventata, felice o infelice, non giudicarla in base a norme e verità che probabilmente nessuno può detenere.


1 26 studi esaminati da Prati e Pietrantoni (2008) sulla Rivista Sperimentale di freniatria, 77 studi scientifici Individuati nell’ambito del progetto Whatweknow della Columbia Law School di New York, 150 studi presi in esame dal report Patterson (2005) presente sul sito della American Psychological Association.