sabato 26 novembre 2011

Meditazione mindfulness

La pratica della mindfulness prevede ogni giorno alcuni momenti da dedicare alla meditazione e allo yoga. Non è facile  riuscire a ritagliare un momento per se stessi, almeno dato i miei ritmi del doppio lavoro di psicologa e di mamma, e non è facile neanche riuscire a stare per mezz'ora sulle sensazioni del proprio corpo, nel momento presente, nel qui ed ora.
La difficoltà sta nel sentire le proprie sensazioni, in parti del corpo che solitamente sono lontani dalla attenzione quotidiana, ad esempio l'alluce del piede sinistro, il polpaccio della gamba, senza giudicare i propri tentativi o il senso dell'esercizio e cercando di mantenere la propria consapevolezza sulle sensazioni, lasciando andare invece i propri pensieri, quelli che inevitabilmente si inseriscono durante la meditazione. La mente funziona così, dicono gli istruttori mindfulness, e non è possibile evitare i pensieri, bisogna invece imparare a lasciarli andare, non aggrapparsi ad essi, non lasciare che invadano tutta la nostra attenzione facendoci poi comportare come se avessimo inserito il pilota automatico.
Trovo che questo sia davvero il senso degli esercizi di meditazione: il concentrarsi sullo sfondo della nostra consapevolezza, sul senso dei nostri organi vitali, permette di dare meno peso ai pensieri che attraversano in modo automatico la nostra mente durante la giornata. Dare meno peso ai nostri soliti ragionamenti permette di vederne più lati, permette di prendere decisioni più limpide e meno necessitate.
Almeno questo è l'obbiettivo.
Intanto si sceglie anche una piccola attività quotidiana da compiere con consapevolezza: fare il caffè, lavarsi i denti, preparare la cena. Anche qui non è facile riusicre a dedicare tempo con attenzione a queste attività: in genere mentre cucino ascolto mia figlia che mi racconta la giornata e mentre faccio il caffè riempio anche la lavastoviglie. Però la cosa importante sembra essere quello di provarci comunque vada, con gentilezza e pazienza, senza giudicarsi, anche quando non si riesce a concentrarsi.
Per ora sono qui, ai tentativi.

martedì 22 novembre 2011

Spiegare il fanatismo a una figlia


In questi giorni ho ritrovato degli appunti di qualche anno fa, quando il caso Englaro faceva discutere. Mia figlia che aveva  solo 11 anni, mi aveva visto e sentito più volte commentare le notizie dei telegiornali e gli articoli di giornale sul caso, a volte anche con rabbia e veemenza, a volte con tristezza.
Ha voluto sapere ed ho dovuto trovare le parole per spiegarle cosa stava succedendo, perché qualcuno parlava di omicidio, ho dovuto spiegare parole difficili come eutanasia, diritto di autodeterminazione, attività cerebrale, rispetto della volontà.
Spiegare ai ragazzi è sempre difficile e stimolante. Ti costringe a pensare i concetti in modo più semplice a partire da ragionamenti che possano essere a loro accessibili, ma senza perdere la complessità e cercando di farli riflettere. Quindi ti costringe anche a ripensare a certi passaggi che a volte dai per scontati.
La parola però che ho trovato più difficile spiegare è stata fanatismo. Quando Eluana è morta ho esclamato “è riuscita a fuggire a questi fanatici! Ce l’ha fatta!” Mi riferivo a quelli che stavano sotto la clinica, a tutti quei parlamentari o giornalisti che hanno preso le sue presunte difese solo per fanatismo, quando non per malafede.
Matilde mi ha chiesto cosa sia un fanatico.
Già! Cos’è un fanatico?
Una persona che crede di avere la verità e che gli altri, quelli che non la pensano come lui, non ce l’hanno.
Una persona che in base alla sua verità pensa di poter imporre le sue scelte agli altri.
“Mamma, ma si usa fanatico anche quando si parla di fan, di musica, di spettacolo, no?”
Si, è vero, anche quelli sono fanatici, infatti sono ossessionati da un unico pensiero, dal loro idolo, che trattano come se fosse un dio.
“I fanatici sono anche quelli delle sette?” (avevamo anche visto un telefilm che parlava di sette e le avevo spiegato anche questa parola).
Già i fanatici sono anche quelli delle sette, che infatti si chiudono al mondo e a volte contro il mondo si uccidono. Perché il fanatismo ha spesso una relazione con la religione.
“Ma cosa significa avere la verità? Come si fa a credere di avere la verità?”
Come si fa?
Non isolandosi, non pensando solo a quanto è giusto per noi, rispettando i punti di vista degli altri, cercando di capire sempre, di accettare anche gli altri.
“Anche i fanatici?”
Già.

giovedì 17 novembre 2011

Ci sono giornate nelle quali mi sento stanca del mio lavoro. Sono momenti nei quali tutto sembra faticoso e complicato. Arrivano telefonate e segnalazioni di casi nuovi. Incontro genitori tristi o arrabbiati o scoraggiati e bambini soli con le loro paure e  incapacità.
Mi chiedo come posso aiutarli e perchè ho scelto proprio questo lavoro.
Perché lavoro con i bambini?
Posso dire che ho scelto progressivamente ciò in cui mi sono trovata.
Quando ho vinto il concorso per psicologa nella USL mi hanno assegnato il settore dell'intervento in età evolutiva. Il lavoro con i bambini e gli adolescenti mi ha coinvolto subito per i suoi aspetti molteplici e complessi.
Non è possibile interessarsi di infanzia e adolescenza senza occuparsi di genitori e di insegnanti e progressivamente di comunità allargate.
I bambini vivono con noi, non vengono da soli ai nostri servizi, non chiedono aiuto solo per se stessi, spesso il loro disagio è quello di una intera famiglia, di una intera classe scolastica, se non addirittura di una intera società.
Qualche tempo fa è successo un episodio che ha portato prepotentemente alla ribalta il modo in cui questa società si rapporta all'”Altro”, rappresentato dal bambino così come dal diverso handicappato.
In un video registrato da un alunno e pubblicato impunemente su Youtube, come fosse assolutamente normale, una intera classe sbeffeggiava, offendeva e picchiava un ragazzo Down.
E' un episodio nel quale significativamente erano minori sia i violenti che i violentati.
E' qualcosa che ci dovrebbe fare riflettere più profondamente dello scandalo immediato che ha suscitato.
Il problema non è solo indignarsi perchè una persona viene maltrattata, il problema che dovrebbe tutti coinvolgerci è rappresentato dai ragazzi che insieme, senza voci contrarie, mettono in atto quella violenza e la pubblicano come un trofeo.
Come è possibile che in una società che ha scelto l'integrazione dei ragazzi diversamente abili all'interno delle scuole, che difende la scelta di non segregazione in scuole speciali, non sia ancora cresciuta una cultura di sensibilità e solidarietà con l'handicap? Come è possibile, più profondamente, che il bullismo sia un fenomeno così prepotentemente emergente?
Il bullismo è la perversione della forza, la caricatura della autorità ed è il frutto di una società confusa rispetto ai propri modelli educativi.
Per questo si parla molto di genitorialità, ci sono corsi e seminari rivolti ai genitori, si delega agli esperti il ruolo di educatori e alla fine i servizi per l'infanzia sono pieni di genitori in crisi e di bambini in difficoltà.
Perchè quindi lavoro con i bambini?
Forse perchè la loro sofferenza mi appare più ingiusta di quella di un adulto, perchè carica di variabili sulle quali i bambini hanno la minore incidenza possibile.
Per un adulto spesso esiste almeno una possibilità di scelta nelle condizioni nelle quali vive.
Per un bambino la stessa possibilità di scegliere non è prevista.
E' questa ingiustizia che mi fa continuare a scegliere i bambini.
Voglio dare loro un'altra possibilità.
A volte quando il lavoro va bene, ho l'impressione di riparare almeno in parte ad una ingiustizia, sia essa della natura o della società o della famiglia.
E' una motivazione forte, ancora ora, nonostante diciotto anni di incidenti e scogli e lentezze e ingiustizie del lavoro nella ASL.

martedì 15 novembre 2011

Nel bene e nel male


Non conoscevo la bellissima canzone di Cristiano De Andrè Nel bene e nel male, devo ringraziare le mie istruttrici mindfulness.
La pratica della meditazione secondo il modello mindfulness è diventata da poco parte della mia vita e per ora non mi sento ancora di fare un bilancio.
Posso solo dire che non è facile avere costanza in questa attività, tra qualche settimana potrò raccontare qualcosa di più.
Intanto voglio condividere l'emozione di questa canzone.

http://youtu.be/601CIBGBJUc

domenica 13 novembre 2011

Donne danzano e cadono.

Ieri sera siamo andati a vedere Pina3D di Wenders.
Ci sono  donne danzatrici che cadono e i loro compagni danzatori che le prendono prima che tocchino terra. Donne che danzano e cadono di lato e ancora il loro compagno che le afferra dolcemente e le riporta sul cammino.
Poi ci sono donne che offrono un vestito rosso, con desiderio e paura e uomini che danzano intorno a loro. Ci sono donne che danzano cieche e uomini che spostano le sedie per lasciarle danzare.
Wenders usa la scenografia del teatro, ma anche le scenografie della città e dei suoi parchi e la danza immersa nel contesto urbano, industriale o naturale, acquista un'espressività ancora più forte.
Non so bene esprimere tutte le emozioni. Ho avvertito la forza e l'angoscia. La fragilità e la capacità di amarsi nonostante questa. Ho sentito la lotta tra i generi, ma anche il loro incontrarsi e la disperazione di perdersi.
C'è una scena di Cafè Muller in cui la danzatrice continua a cadere e rialzarsi per tornare ad abbracciare il suo compagno ed i suoi movimenti sono inizialmente guidati da un altro uomo e poi si rendono automatici e autonomi....ed è così disperata e così bella.
Le parole non rendono tutta la intensità dei movimenti, delle espressioni delle coreografie di Pina Bausch.
Per questo è un film da vedere.

sabato 12 novembre 2011

Inizio la mia vita da blogger.

Mi piace scrivere.
Mi piace leggere, ascoltare musica, mi piacciono i film, le mostre, il teatro.
Mi piace parlarne con gli amici, mi piace discutere.
Mi interesso di politica, di psicologia, di scienze umane in generale.
Ho appena iniziato un percorso di meditazione secondo il modello della mindfulness.
Inizio a scrivere questo blog nel quale parlerò di questi interessi e poi...vedremo.