sabato 17 gennaio 2015

Cuori affamati

Ero curiosa di vedere il film di Costanzo, dopo aver letto che  trattava di una madre che non riusciva ad alimentare il figlio. Mi occupo spesso di Disturbi della alimentazione, anche nella prima infanzia. Non è un tema semplice da affrontare, quindi ero un po' scettica.
Il film è pieno di atmosfere angoscianti, anche se inizia con una scena davvero divertente.
Eppure quel modo così "corporeo" di avvicinarsi dei due protagonisti, in un bagno pubblico,  alle prese con una crisi intestinale di Jude, dà la cifra anche al resto della loro storia, che è soprattutto una storia di corpi: quello della madre, che anche in gravidanza non prende  abbastanza peso, quello del figlio, che non riesce a crescere, quello del padre, alto e magro, reso ancora più magro e allungato da riprese e da una fotografia che allungano e distorcono i corpi. Anche i colori e gli ambienti del piccolo appartamento, dal quale madre e figlio non escono per diversi mesi, sono distorti, innaturali.
Il rapporto tra naturale e artificiale è anche un'altra prospettiva della storia: Mina sostiene che gli alimenti che il pediatra vorrebbe dare al bambino sono veleno, e allo stesso tempo nutre il bambino in modo del tutto innaturale, con semi e olii depurativi.  Jude prova ad assecondarla, ma poi si accorge che suo figlio non sta bene, non cresce come dovrebbe e lo porta fuori per alimentarlo di nascosto.
Il regista da Fazio ed in altre interviste dice che sono personaggi che amano troppo.
Non sono d'accordo, non si tratta di amore eccessivo, si tratta di un vuoto d'amore.
Non dico che Mina non ami suo figlio, ma che il suo amore non riesce a riempirlo, perché lei stessa è vuota, ferita, angosciata di perderlo, ossessionata di purificarlo da una possibile minaccia.
Sempre più spesso incontro ragazze che nascondono il loro problema con il cibo, ma in realtà la croce di non riuscire ad amarsi, dietro la rivendicazione di una alimentazione sana. Allora dicono di non mangiare cereali come il grano perché fanno male, evitano del tutto la carne o i latticini perché vegane, si nutrono solo di semi e verdure. portano avanti ossessioni alimentari squilibrate ed incoerenti.
Cercano una purezza, una "verità", una "anima" da introdurre attraverso il cibo, o un "demone" da evitare per superare le paure, per sentirsi a posto.
Senza riuscirci. Come non ci riesce Mina.
Jude prova a fare quello che succede a molti familiari di persone ossessionate: assecondano, discutono, alla fine si ribellano e sono costretti a mettere in atto comportamenti scorretti.
Il film è bello perché non giudica, non riduce i protagonisti a "malati", racconta solo la loro storia e lo fa con atmosfere e immagini, più che con le parole.
Solo sul finale avrei qualche dubbio, però forse non poteva che finire così.

domenica 4 gennaio 2015

Bilancio delle letture dell'anno

Una volta, quando ero giovane (eh si, ormai posso dirlo) alla fine di ogni anno facevo un bilancio di quello che era successo,  leggevo tutto il diario che tenevo e provavo a fare una sintesi degli aspetti positivi e negativi. Dopo qualche anno, alle soglie della  maturità, mi resi conto che era una impresa abbastanza complicata, perché non mi soddisfaceva mai del tutto e mi lasciava una sorta di amarezza e delusione.
Da adulti si comprende la vita non si fa incatenare in bilanci e che rispondere alla domanda su cosa ti è piaciuto e cosa ti ha deluso non è esente da dolori, da ripensamenti e sensi di colpa. Quindi si smette di chiederselo. (La tentazione dei giovani di modificare la vita viene sopraffatta dalla forza che ha la vita di modificarti.)
Molto più semplice risultano i  bilanci del film più bello o del libro più bello.
Quindi direi che nel 2014 ho letto quattro  libri che possono classificarsi come i migliori: American tabloid di James Ellroy, Stoner  di John Williams, L'incolore Tazaki Tsumuru e i suoi anni di pellegrinaggio  di Murakami Haruki e Il cardellino di Donna Tart.
Sono  libri molto diversi tra loro.
American tabloid è un racconto tra la realtà e la finzione degli anni della avventura kennediana, la prospettiva è  data dalle figure minori, dai protagonisti in ombra,  quindi  il ritratto dei personaggi  diventati delle icone (i Kennedy, il capo della Cia, L. H. Oswald) si rivela  meno piatto e a tratti sorprendente, quando non completamente opposto alla mitografia corrente. Il gioco tra elementi reali ed elementi di finzione è così ben articolato che riesce a coinvolgere, emozionare, disgustare.
Stoner è la storia di un uomo normale, che vive  una professione non scelta, si tiene lontano dalla guerra, insegna senza passione e vive  un amore che diventa "un senso di remota pietà, amicizia riluttante e rispettosa consuetudine", ha una figlia che ama teneramente. Solo due eventi  lo mettono in crisi: uno studente che lo attacca e una studentessa della quale si innamora. Muore: "Una morbidezza lo avvolse e un languore gli attraversò le membra. La coscienza della sua identità lo colse con una forza improvvisa, e ne avvertì la potenza. Era se stesso, e sapeva cosa era stato.". E' un libro che ha appassionato molti, eppure, nonostante qualche perla nella scrittura e la capacità di avvicinare un personaggio ostico, mi ha meno emozionato degli altri.
Murakami è per me ormai una certezza: la sua scrittura così diversa e la capacità di narrare storie sempre originali al confine tra la realtà e la irrealtà, tra la depressione e l'amore dolente per la vita, con personaggi "incolori", ma vividi mi affascina ogni volta. Murakami scrive in fondo sempre dello stesso tema, sempre dell'amicizia, dell'amore, della morte, sempre della tentazione di un abisso in cui gettarsi e della decisione di non farlo.
Infine ho letto Il cardellino, che ha vinto il premio Pulitzer per la sezione romanzi. E' una storia sul desiderio di perdersi insieme al proprio dolore: un tredicenne scampa ad un evento terribile ma perde la madre. Inizia un peregrinare tra famiglie di amici, la famiglia del padre e della sua compagna, la famiglia della vittima della esplosione, che Theo ha visto morire accanto a lui. Tutto portando con sé un quadro, il pegno dell'amore della madre, della forza della bellezza di fronte alla distruzione.
"Nella misura in cui il quadro è immortale (e lo è), io ho una minuscola, luminosa, immutabile parte di quella immortalità. Esiste; e continuerà ad esistere. E io aggiungo il mio amore alla storia delle persone che hanno amato le cose belle, e se ne sono prese cura, e le hanno strappate al fuoco, e le hanno cercate quand'erano disperse, e hanno provato a preservarle e a salvarle intanto che, letteralmente, se le passavano mano in mano, chiamando dalle rovine del tempo la successiva generazione di amanti, e quella dopo ancora.".
Nella misura in cui la letteratura è immortale, io ho una minuscola, luminosa, immutabile parte di quella immortalità.
E infine nella misura in cui l'amore è immortale, io ho una minuscola, luminosa, immutabile parte di quella immortalità.
E' il più bello delle mie letture del 2014.