domenica 24 giugno 2012

La Bosnia, l'Europa dei sogni e l'Europa dei banchieri

Questa estate andrò in Bosnia, a Sarajevo, a Mostar. E' un progetto che coltivo da diversi anni, non solo per la bellezza delle città e dei paesaggi. Durante le guerre dei Balcani degli anni 90 cercavo di tenermi informata su quanto stava succedendo, non potevo capacitarmi di quello che succedeva solo a pochi chilometri dalle nostre sponde. Leggevo gli articoli di Sofri e condividevo le sue posizioni.
In quegli anni i paesi della Unione Europea hanno davvero dato una pessima prova.
L'Europa è nata da un sogno di pace e di cooperazione. I padri fondatori hanno vissuto la seconda guerra mondiale e volevano evitare ancora conflitti così disastrosi. Avevano in mente una federazione di stati che potessero cooperare allo sviluppo e vivere in pace.
Se si leggono i principi dell'ultimo trattato europeo, il trattato di Lisbona del 2009, si trovano parole come "diritti, libertà, sicurezza, solidarietà, partecipazione, democrazia".
Durante l'assedio di Sarjevo, la pulizia etnica, i campi di concentramento le istituzioni europee non sono state capaci di avere una reale presenza. Ogni paese europeo si è mosso autonomamente, a volte addirittura in contraddizione uno con l'altro, secondo logichepolitiche antiche e non adatte a comprendere e a valutare attentamente quello che stava succedendo.
Sto leggendo il libro di Paolo Rumiz Maschere per un massacro (Feltrinelli 2011), che sostiene che le ragioni della guerra non erano quelle che la propaganda ci vendeva. L'odio etnico era una maschera, una copertura ben gonfiata ed orchestrata per coprire le vere ragioni della guerra. Motivazioni economiche e politiche stavano alla base della creazione dello scontro tra etnie, tra persone che avevano vissuto a contatto per cinquanta anni. Rumiz racconta che il vecchio establishment comunista, in crisi per la caduta del muro e delle nazioni che il sistema sovietico aveva tenuto insieme, ha cercato di mantenere il proprio potere attraverso la creazione di guerre sulla base di motivi etnici. La guerra ha creato ed ampliato un mercato nero, mafioso, ha permesso l'appropriazine di fortune con la scusa di spostare ampie popolazioni, ha creato una situazione di odio ancora maggiore di quella precedente, se davvero c'era.
L'Europa su tutto questo non è stata capace o forse non ha volto intervenire. La situazione che è uscita dagli accordi di Dayton , gestiti come al solito dagli Stati Uniti, non dall'Europa, è stata un riconoscimento di fatto degli spostamenti forzati e della pulizia etnica.
Dopo questo enorme fallimento le istituzioni della UE si avvertono solo quando ci sono decisioni economiche da prendere. La creazione del mercato comune e la nascita della moneta unica sono i soli risultati.
In questo modo però l'unica Europa visibile, quella che gli europei vedono sui giornali, che sentono nella lora vita quotidiana è l'Europa delle banche e dei banchieri. Si parla di Europa e di spread, di euro e di uscire dalla moneta unica, del debito pubblico da risanare perchè lo chiede l'Europa, ma dell'Europa dei diritti e della vera cittadinanza non si sente parlare.
In questo hanno una grande responsabilità anche i parlamentari europei, che non riescono e non possono, non so,  proporre dei progetti legislativi credibili che possano appassionare i cittadini europei. Penso a progetti su grandi temi, sullo sviluppo, sulla cittadinanza, sull'inclusione.
Mi piacerebbe che ci fossero iniziative legislative europee che salvaguardassero i diritti, che proponessero politiche di sviluppo e salvaguardia del lavoro, che finanziassero la cultura europea, cercando ad esempio di aumentare gli scambi culturali.
Certo c'è l'esperienza dell'Erasmus, ci sono alcuni finaziamenti che a volte neanche vengono utilizzati, soprattutto da noi italiani, ma manca un sogno di grande respiro.
Manca il Sogno Europeo, il Progetto di creare una Federazione polica reale, viva, non solo formale.
Se continua ad essere solo una federazione di banche e di istituzioni che pongono limiti e sacrifici le spinte secessioniste, come ora in Grecia, come per alcuni politici opportunisti italiani, potrebbero essere più forti, fino a uccidere il sogno europeo.



sabato 2 giugno 2012

Un nuovo arrivo

E' nato da una decina di giorni il mio nipotino, Fabrizio, il figlio di mia sorella. Lei è una persona molto riservata e certo non mi permetterà di pubblicare la sua foto, il che mi dispiace molto.
L'emozione che ho provato è stata intensa quasi quanto la nascita delle mie bimbe e non credevo che potesse succedere: in fondo durante la gravidanza mi ero sentita coinvolta, ma non in modo così intenso. Il discrimine  tra avere o non avere "la pancia" sta tutto nelle sensazioni che solo chi ce l'ha può provare. Chi sente il proprio corpo cambiare, non sempre in modo gradevole, chi avverte i movimenti del bambino ha da molto prima la possibilità di abituarsi alla nuova presenza. Invece chi non ha la pancia ne avverte in modo speciale la presenza solo quando lo può vedere, prendere in braccio, guardare negli occhi. Per questo sono corsa a vederlo anche a chilometri di distanza il giorno stesso che è nato e intanto ho annunciato a tutti che ero diventata zia. Poi vederlo e toccarlo è stato bellissimo!
Un nuovo arrivo è un miracolo così normale, è un avvento speciale eppure così ripetitivo nella vita delle famiglie! Lo so che sono sembrata quasi una pazza ai miei colleghi di lavoro, agli amici, a chiunque annunziassi che era nato Fabrizio, ma so anche che hanno capito, a molti è capitato lo stesso.
Mi ricordo l'emozione che ha scatenato nei miei familiari la nascita delle mie bambine e come mi era sembrata strana. Io in fondo sapevo che la nascita sarebbe stato solo un incontro su un altro livello percettivo. Avrei dato un aspetto fisico alla mia bambina, ma  sapevo già che c'era, sentivo che c'era. Quando ho visto per la prima volta Matilde, ma anche quando ho visto Valeria, che così le somigliava, ho pensato che era proprio come l'avevo già immaginata, proprio come l'avevo sognata. Invece  non sapevo  come fosse il mio nipotino ed all'inizio l'osservavo come si osserva chi si deve imparare a riconoscere. Fabrizio mi ha reso zia. Insieme a lui è nata una mamma, un papà, altri nonni e tanti zii e cugini.
Un nuovo arrivo ed una nuova famiglia.