giovedì 7 gennaio 2016

Della difficoltà di sorprendersi.Bilancio delle letture dell'anno 2015


Il segno degli anni che passano si avverte quando  l'esperienza del rimanere sorpresi o affascinati comincia a diventare più rara.
A volte anche la ricerca di esperienze del passato, che si ricordano influenti e coinvolgenti, può essere deludente.  Quando si prova a ricreare la sensazione dell'avventura che si  è vissuta leggendo un libro magnifico, che ci ha aperto riflessioni e considerazioni sull'esistenza, sulle relazioni umane, sulla politica, sulla psicologia e sull'amore, un libro che abbiamo commentato insieme agli amici più cari e discusso con l'insegnante mentore della nostra adolescenza, un libro come  La montagna incantata di Thomas Mann (diventata magica nella  nuova traduzione di Renata Colorni) e si scopre invece di annoiarsi nelle lunghe riflessioni filosofiche, di trovare i personaggi un po' troppo statici e di scoprire che il filosofo Naphta con il quale mi immedesimavo un po', per polemica con il mio più caro amico, che invece difendeva Settembrini, ci appare triste e patetico,  allora  si avverte che gli anni della giovinezza sono davvero lontani.
Allora scegliere le letture e gli autori dell'anno diventa meno immediato, più elaborato.
Alcune importanti delusioni sono stati gli ultimi scritti di  Kundera, Dell'insignificanza e di Houellebecq, Sottomissione,  (qui kundera e qui sottomissione  i motivi della mia disapprovazione) alle quali forse aggiungerei anche Yehoshua, con La comparsa, che ho letto in questo ultimo mese. Yehoshua racconta il ritorno di una musicista, una suonatrice d'arpa, a Gerusalemme, per aiutare il fratello a prendersi cura della madre. Per lei rappresenta l'occasione per riconsiderare le sue scelte, mentre aspetta la decisione della madre e lavora come comparsa in alcuni spettacoli. Però qualcosa di questa storia rimane in sospeso, troppo accennata e irrisolta. Il registro di Yehoshua è quello di rimanere nella quotidianità, nella assenza di drammaticità, ma questa volta il piano narrativo si trova in un'area grigia, piatta.
Mentre la quadrilogia de  L'amica geniale di Elena Ferrante mi è piaciuta molto: la storia della amicizia tra le due protagoniste mi ha tenuto impegnata per alcuni mesi.  (ne parlo qui elena ferrante ) L'ultimo libro, Storia della bambina perduta, è stato inserito dal New York Times nei 10 miglior libri del 2015.
Si tratta di un racconto di formazione dalle note nostalgiche, credo che sia entrato in sintonia con la riconsiderazione della mia formazione, della giovinezza, di ciò che poteva essere e di ciò che invece è stato, delle relazioni che sono state significative, di quelle che invece avrebbero potuto esserle e che invece sono state dimenticate, interrotte, disciolte.
Almeno  Marias con Così ha inizio il male  non è stato una delusione, anche se non è certo il livello di altri suoi libri. La cifra stilistica del ragionamento psicologico, la narrazione che spiega le premesse e le catene dei pensieri e le conseguenze delle decisioni dei personaggi, in una sequenza fluida di periodi a volte lunghissimi, in alcune pagine non rende a pieno l'intensità della storia, ed io lettrice mi interrogavo su quando si sarebbe avuta la svolta che tali ragionamenti presupponevano. Però ad un certo punto la rivelazione avviene e tutto l'intreccio acquista un senso salvando il romanzo in una sorta di ultima chance.
Ma quello che ha davvero risollevato il mio anno di lettrice è stato il fascino dei racconti  sull'Est Europa.
Il Nobel della letteratura a una giornalista scrittrice, Svetlana Aleksievic,  che in questi ultimi anni ha indagato la realtà dell'ex impero sovietico con spirito critico, è una di quelle coincidenze che a volte mi  capitano. All'interno del mio mondo di letture ce ne sono state diverse che parlano direttamente o indirettamente della storia della Russia e dell'est europeo nel XX sec. Limonov di Carrere , Vita e Destino di V. Grossman. ed  anche Tempo di seconda mano della Aleksievic.
Non so come mai amo tanto la Russia, forse il mio amore è cominciato da Dostoevskij, nell'anno in cui sono riuscita a leggere tutte le sue opere e sono andata in  viaggio  a Mosca e a San Pietroburgo.
Il più bello tra questi è sicuramente Vita e destino. Nelle prime pagine si fatica ad orientarsi e si ha bisogno di una guida, una traccia che spieghi chi sono e dove vivano i personaggi. Poi però tutto si fa più chiaro e fluente e si inzia a comprendere che il senso del racconto non sta in un'unica storia, ma nel parallelismo delle varie vicende, che a volte sono davvero solo di poche pagine. Ci sono personaggi che appaiono per un solo episodio, altri che invece seguiamo dal'inizio alla fine di una vicenda un po' più lunga, ma l'autore non si sofferma ad indagare psicologicamente solo uno di questi personaggi. E' come se volesse davvero riuscire a rendere contemporaneamente tutte le sfumature infìnite delle vite che si sono manifestate in quegli anni di guerra.In Russia sono gli anni dell'affermazione dello stalinismo e poi dell'assedio di Stalingrado, ma c'è spazio anche per i campi di concentramento nazisti e per la descrizione della vita dei soldati, da quelli semplici ai maggiori, dagli eroi agli ipocriti, dai nemici tedeschi ai russi e agli ebrei.
E' un romanzo di popolo che va oltre le barriere del solo popolo russo, è un romanzo corale, un vasto affresco dell'umanità. Non è comparabile ad un ritratto rinascimentale, ma ad un affresco del Masaccio, con l'intera gamma umana, dai nobili ai popolani. Narra il ciclo delle vite e delle morti, che a volte hanno un senso ed a volte invece appaiono oscure, senza luci e significati, ma che fanno parte comunque del destino della umanità.
Quindi il mio bilancio assegna a pari merito una menzione di libro dell'anno a L'amica geniale e a Vita e destino.
Nel Museo Donnaregina di Arte Contemporanea  a Napoli c'è una installazione video di David Robbins "TV family", una sorta di soap opera di arte contemporanea, nella quale due attori di "Un posto al sole", insieme ad altri attori di teatro, attraverso una sceneggiatura da serie televisiva conversano di filosofia (UPAS al MADRE).  I dialoghi surreali, perchè non realistici, ma allo stesso tempo profondamente veri, perchè presentano le questioni dell'esistenza di ognuno, che intavolano gli attori, a me così familiari, della serie UPAS, mi sembrano adatti a chiosare questo mio bilancio. Teresa/Carmen Scivittaro dice a sua nipote: passiamo il tempo a soffrire per amore, ma  l'amore è solo un modo per continuare la nostra specie.