Arriviamo all'aeroporto di Bahia nel primo pomeriggio e ci accoglie un tassista che nel tragitto ci fa notare, orgoglioso, il tunnel di bambù che copre il tratto iniziale della strada per la città: i fusti si intrecciano a formare un tetto verde giada.
La pousada che abbiamo scelto è magnifica: piena di arte: quadri, statue, teli artigianali dipinti. Ha un ingresso con una piccola fontana al centro, contornata da piccole palme, un ampio patio con un lucernario in alto. Le camere sono disposte sul loggiato.
Entriamo nella nostra camera che ha un letto a baldacchino, con il velo in pizzo macramè e la struttura in ferro, anche le coperte sono di pizzo bianco. Le pareti sono colorate di giallo e in fondo c'è un terrazzo con la vista sul mare. Ci cambiamo ed usciamo ad esplorare il quartiere Pelourinho, nella piazza principale c'era il palo, da cui il nome del quartiere, al quale venivano legati gli schiavi per essere fustigati. Salvador è una delle città più antiche del Brasile e la sua storia è legata in modo profondo alla tratta ed allo sfruttamento degli schiavi. La popolazione è ancora oggi a maggioranza nera e mulatta, a differenza di Rio, dove ci sono anche molti bianchi. Andiamo a visitare la Fondazione Jorge Amado, uno dei primi autori che ho amato nella mia adolescenza. Gabriela, garofano e cannella è stato il libro che mi ha introdotto ad una sensualità giocosa e solare. Ci sono infatti le edizioni dei suoi libri e molti ricordi, la sua macchina da scrivere, le camicie, molte foto. Guardiamo anche un filmato sulla famiglia della moglie, Zelia Gattai, figlia di un anarchico italiano della Colonia Cecilia. Arriviamo fino alla piazza di San Francesco e mangiamo dei "acaraje", cibo di strada molto buono, una specie di calzoni fritti, ma con la pasta di fagioli e il ripieno di gamberetti. Lo servono le donne con i tipici costumi "bahiani", cioè abiti per lo più bianchi, con una sottogonna steccata che rende enormi i fianchi, già generosi, di tessuto lavorato con ricami e pizzo.

La colazione che troviamo al nostro risveglio ci stupisce: tanti dolci fatti in casa, frutta, succhi, tapioca, formaggio e pao de quejo. Il tutto in piatti coperti con tessuti sgargianti. Riprendiamo la visita proprio dalla Chiesa con il convento Monte Do Carmo. E' una chiesa poco visitata, ma molto suggestiva, soprattutto il chiostro interno e la balconata dell'organo. Nella chiesa i giorni della Passione sono illustrati in nicchie con statue del Cristo,a grandezza naturale, in legno Quando scendiamo nella parte dei refettori e delle camere del convento scopriamo la facciata posteriore, nera di muffa. Scendiamo di nuovo nella piazza del Pelourinho e visitiamo la Chiesa Nossa Senhora do Rosario Dos Pretos. La sua storia è particolare, perchè è l'espressione della comunità dei neri, costruita con le loro mani, letteralmente, una volta che finivano di lavorare per i loro padroni. E' una chiesa dai colori pastello, giallo e azzurro, le pareti interne sono decorate con le azulejas che illustrano episodi dei santi e alcuni cartelloni illustrano la sincreticità tra i santi cristiani e gli orixà. Cominciamo così a conoscere questa particolare forma religiosa di Bahia, il candomblè.

Un po' meglio va con la parte del mercato dedicato alla frutta ed alla vedura: ci sono specie che non ho mai visto, una varietà incredibile e molto bella di colori e forme. C'è poi anche un reparto dedicato alla religione candomblè: statue, abiti, arredi e tamburi. Peter ci invita ad una cerimonia che si terrà proprio la sera stessa, insiste ancora sul fatto che non si tratta di un evento per turisti e che saremo solo poche persone esterne ad assistervi, perchè ogni "terreiro", cioè la comunità riunita intorno ad un "pae do santo" o a una "mae do santo", tiene molto a mantenere una certa riservatezza sui propri riti. Discutiamo se andare, ma alla fine la curiosità prevale. Però il racconto della cerimonia merita uno spazio a parte.
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