venerdì 3 giugno 2016

Brasil (dois)

Ancora Rio de Janeiro, 3-4-5-maggio
Ci alziamo con l'intenzione di salire sul Pao de Azucar, non riusciamo ad uscire prima delle dieci per le piacevoli chiacchiere della colazione con Chiara ed un altro ospite della pousada, Sergio, che è in Brasile per un documentario. Scopriamo che ha raccontato la storia di una concittadina che vive da diversi anni in Amazzonia e che ha fondato insieme al marito una scuola per i bambini indios. L'associazione è Vivamazzonia e Giuseppe conosce proprio lei, Bianca Bencivenni, coincidenza che ci colpisce. Il mondo è più piccolo di quanto possiamo immaginare.
Una volta usciti prendiamo la metro, che scopriamo ampia e comoda, anche se l'aria condizionata è al massimo, come in quasi tutti i mezzi pubblici ed i taxi, insopportabile per noi. Arriviamo a Botafogo, da dove dovremmo prendere la funivia per l'escursione sul Pao de Azucar, che però è chiusa, Una ragazza gentile ci spiega che è in manutenzione e ci dà indicazioni per mete sostitutive, ma decidiamo di rimanere sulla piccola spiaggia che è proprio sotto la funivia e scopriamo una  insenatura tranquilla, prendiamo un po' di sole e facciamo anche un (per me breve) bagno. Le onde sono un po' troppo forti per i miei gusti, in fondo si tratta dell'Oceano. Giuseppe compra il cocco, non la noce bruna e pelosa che siamo abituati a vedere nei nostri supermercati,  per bere l'agua de coco.
A pranzo ci spostiamo verso la zona più frequentata ed entriamo in un centro commerciale moderno, comprare è uno dei divertimenti del viaggio: troviamo una guida di Rio in portoghese ironica e inusuale ed io acquisto il mio taccuino di viaggio, una tradizione che ho da molti anni. Mi scrivo piccoli particolari: le ragazze portano pantaloncini corti e calzettoni bianchi di cotone grosso fino al ginocchio, deve essere una moda locale, ma è abbastanza brutta. Sui muri spesso ci sono graffiti, alcuni anche molto belli, a volte servono per indicare negozi o attività. Il numero dei taxi è superiore a quello delle macchine private. Ci sono moltissimi baracchini che vendono cibo da strada: frittelle, pop corn salato o caramellato, spiedini di formaggio e vari tipi di hot dog.
In serata torniamo alla nostra stanza e ci prepariamo per tornare a Lapa, ma il tassista non conosce il locale che cerchiamo e dopo qualche giro a vuoto rinunciamo, mangiamo in un ristorante molto affollato la piquanha brasileira, un piatto di carne alla griglia, accompagnata da fagioli neri in umido, riso bianco e patate, con salse piccanti, una pietanza tipica e molto buona. Non si spende molto per mangiare, in due raramente abbiamo superato i 45 euro. Tra l'altro usano davvero poco il pane di grano e quindi io non ho grandi problemi di contaminazione con il glutine. Scopro che la tapioca (farina di un tubero naturalmente senza glutine) è molto utilizzata per piadine, panini e dolci.
Giuseppe però dopo cena non rinuncia ad un po' di musica ed andiamo in un locale vicino Insensato, per la nostra serata di samba dal vivo. Cerca anche di farmi ballare, ma mi sento un po' in imbarazzo, tutti sembrano ballare molto bene. Decido che a settembre riprenderò un corso di danze latino-americane.

 Il giorno dopo mi sveglio con gli occhi arrossati, ho paura di aver preso una forma di congiuntivite e chiedo a Chiara dove posso farmi vedere. Il Brasile ha un sistema sanitario prevalentemente privato e Chiara mi indirizza ad un ambulatorio poco lontano da Santa Teresa. La dottoressa è molto gentile e ci capiamo usando un po' il mio inglese e un po'  il portoghese di Giuseppe. Per fortuna non è un'infezione, forse le lunghe ore in aereo hanno disidratato gli occhi. Dovrò usare gli occhiali per qualche giorno.
Andiamo a visitare la Escalera Selaron, un'opera naif di un personaggio, carioca d'adozione, che con pazienza ha piastrellato, anno dopo anno, tutti gli scalini di una lunga scalinata del nostro quartiere, l'effetto è bellissimo. Arrivati in cima prendiamo un vecchio tram, che una volta serviva come mezzo ed ora è stato restaurato ad uso dei turisti e che unisce Santa Teresa e Lapa, il Bonde. E' divertente osservare le case di stile coloniale, ce ne sono alcune restaurate con colori pastelli, mentre altre sono ancora in uno stato di abbandono. Il contrasto tra angoli affascinanti e posti degradati è sempre fortissimo.
Nel pomeriggio ci spostiamo sulla spiaggia di Ipanema, quando partiamo c'è un bel sole, ma usciamo dalla metro  ed il cielo si è coperto. Sulla spiaggia non si riesce a stare per il vento, comincia a piovere allora ripariamo in un locale a mangiare "a chilo", cioè possiamo prendere quello che vogliamo da un ampio buffet e paghiamo secondo il peso, una bella idea. Nel pomeriggio riusciamo a stare un po' sulla spiaggia, dove scopriamo che non si paga il noleggio delle sdraio, ma la consumazione. Infine visitiamo anche il locale della Garota de Ipanema, la famosa canzone di Vinicius de Moraes e Tom Jobim. I brasiliani in effetti danno molta importanza alla musica, l'aeroporto di Rio ad esempio si chiama " Tom Jobim" ed anche alcune strade hanno nomi di musicisti.

La sera riusciamo a trovare il locale che cercavamo: Rio Scenarium. E' un bell'ambiente, ampio e arredato con oggetti di modernariato, c'è un piccolo palco per  il gruppo musicale e una pista dove si esibiscono coppie molto impegnate. E' interessante guardarle, ma mi mettono ancora più soggezione.
L'ultimo giorno a Rio inizia di nuovo con la splendida colazione di frutta, dolce al cocco, piadina di tapioca e marmellata e soprattutto succhi di frutta freschi di guaiava, mango, abacaxi, papaya. Lo dedichiamo al Museo do Amanha e a Copacabana. Il Museo utilizza tutti gli strumenti multimediali possibili per interessare al tema della salvaguardia ecologica, a tratti interessante, soprattutto dal punto di vista scenografico, a tratti un po' scontato. Invece Copacabana è diversa da come me la immaginavo. Giuseppe non fa altro che ripetere "Non so se mi rendo conto!" con meravigliato disincanto, mentre io rimango colpita dai grattacieli proprio addossati alla spiaggia, purtroppo, anche oggi, ventosa. Mangiamo ad un chiosco un pesce arrosto che non riusciamo a individuare: sembra un pesce preistorico, con molte pinne dorsali, però la polpa è saporita. Un cantante di strada suona canzoni di Caetano Veloso ed il quadro sembra completo. Mancano le ragazze con il tipico costume brasiliano, ne passa solo una nera e attraente. Nel pomeriggio riusciamo anche a stenderci al sole, poi giriamo un po' nelle strade del quartiere. Ci sono  palazzi eleganti, ma a mano a mano che ci avviciniamo alla favela adiacente, i palazzi hanno dei cancelli blindati, inferriate molto alte e l'eleganza delle recinzioni non riesce a nascondere la paura e l'evidente classismo. Le differenze di ceto sembrano più evidenti  che nella nostra. Serata ancora a Lapa, al Sarau Rio, e finalmente balliamo!





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