venerdì 7 agosto 2015

Azzurro, verde e rosso, Corsica



Iniziare a raccontare i colori della Corsica con l'azzurro intenso del mare è una banalità, ma le cose belle e  vere spesso sono banali. Però un'acqua così trasparente sulla sabbia bianca io l'ho vista solo in Egitto, sul mar Rosso, invece era la Baia di Tamarone. La sabbia poteva essere anche verde, dove c'erano le rocce di ardesia, ad esempio nelle baie occidentali di Cap Corse, o rosse, rosate, dove era più presente il granito, come nelle spiagge della baia di Sagone.
Verdi sono anche le valli tra le montagne rosse di granito delle catene centrali della Corsica, dove si sale in pochi chilometri di strada e sentieri già a 1700 metri sul livello del mare. Si ritrova l'azzurro profondo dei laghi, l'acqua trasparente e fredda dei ruscelli, i tetti dei rifugi, abbandonati dai pastori,  in lastre di ardesia verde.
Le strade sono strettissime, soprattutto in montagna, ma anche sulla costiera o per raggiungere le spiagge più belle, a volte da paura, e i corsi guidano invece come matti e ti  sorpassano se vai troppo piano. Alcuni tratti di asfalto poi sono rosa, forse sempre per via delle rocce rossastre che dominano l'isola.
Abbiamo spesso fatto merenda con le more dei rovi  che accompagnavano i senieri fino al mare.
Ci è sembrato di non essere davvero all'estero. Sarà che ormai in molti paesi europei lo stile di vita è così simile, che è difficile sentirsi davvero estranei, ma in Corsica i paesaggi, la lingua, le usanze, le case, l'architettura, i nomi ricordano moltissimo la Toscana o la Liguria o le isole come l'Elba e la Sardegna.
Anche le facce delle persone sono così simili alle nostre che  potevamo sentirci a casa.
A Bonifacio abbiamo visitato il cimitero marino: i cognomi erano tutti di origine italiana, anzi toscani per lo più: Andreini, Bartoli.
Le persone più anziane poi parlano il corso, che è una forma di toscano antico, con alcuni termini che assomigliano al genovese ed a volte al sardo. Ci siamo fermati in una cantina a Sartene a parlare con la proprietaria Maria Antonia, una signora che in corso ci ha raccontato che il padre faceva già il vino, che i vigneti della zona sono autoctoni (tra l'altro molto buoni, il Nieluccio e  lo Sciaccarello, che somiglia al sangiovese). In un altro negozio a Portovecchio una signora ci ha invece detto che preferisce i turisti italiani, perchè chiedono il permesso e sono sempre sorridenti. In genere sono stati tutti molto genitli ed ospitali nei nostri confronti. Comprendere la lingua, pur avvertendone le differenze, e sentirsi capiti, anche se non in tutto, ci ha dato davvero la sensazione di essere tra fratelli, vicini e diversi.
Abbiamo anche trovato un giovane cameriere, in una trattoria di Corte, che parlava corso. Forse lo ha studiato a scuola, perchè da circa vent'anni è diventato una lingua che si studia, però è rimasta facoltativa.
Il governo francese teme forse che dare spazio alla cultura corsa rafforzi le rivendicazioni indipendentiste, mentre penso che solo una accettazione democratica della differenza, uno spazio autogestito e identitario alle minoranze, che rimanga però all'interno dello Stato francese, possa spegnere le rivendicazioni.
Fa effetto girare e vedere sui muri scritte come "Francia  fora", "Ghjuventù Indipendentista", FNLC (fronte nazionale di liberazione corsa). Mi hanno spinto ad approfondire la questione. Pensavo che in Corsica ci fossero gli stessi riconoscimenti al bilinguismo che ci sono in alcune aree dell'italia, come l'Alto Adige o alcune aree della Valle d'Aosta, invece ho scoperto che ancora i corsi non hanno i riconoscimenti che richiedono, la parità linguistica, un diverso status fiscale più vantaggioso, una amnistia per i prigionieri politici.
Quindi se le proteste avvengono in modo pacifico, dato che dall'anno scorso il FNLC ha deciso di smilitarizzarsi,  è  giusto sostenerle. Alla base di molte questioni indipendentiste c'è una ingiustizia, ma pensare di sanare una ingiustizia con un'altra è da folli e non fa che alimentare le catene di violenze, come anche altre questioni nazionali rendono evidente.
Abbiamo discusso di questi temi con due ragazzi torinesi conosciuti a Corte, in una trattoria che non a caso si chiama Terra corsa, dove ho mangiato un ottimo agnello al latte al Muscat, tenerissimo ed abbondante.
La cucina corsa  è abbastanza povera, quando è quella tipicamente regionale: hanno il porcu, il cignale, il brocciu, che è un formaggio tipo la nostra ricotta che viene usato per moltissimi piatti. Può essere di pecora o di capra e viene mescolato anche al risotto di mare (con un risultato che a me non è per niente piaciuto). Gli antipasti quindi sono a base di salumi ( molto buoni) e formaggi accompagnati da marmellate, fantastiche quelle fatte in casa di fichi e di castagne. Anche le melanzane alla bonifacio sono un piatto tipico: melanzane al forno ripiene di brocciu, pomodori e cipolla. Poi carne alla brace, poco pesce, agnello e capretto al vino Muscat, un altro vino tipico, ed anche della buona birra locale, Pietra e Lutina. Ravioli al brocciu, torta al brocciu, gelato al brocciu.
Sulla costa andava forte anche un piatto che mi è sembrato strano ed ho voluto provare, moules e frites, in pratica una zuppa di cozze marinate accompagnate da un piatto di patate fritte, pensavo che l'associazione non funzionasse ed invece non era male.
I ristoranti sono abbastanza approcciabili, tranne qualche caso in cui ti fanno pagare una semplice insalata di polpo 24 euro o una bottiglia di vino 26. Il vino al ristorante costa molto di più, quando poi se ne compri una bottiglia in una cantina, anche della stessa marca, lo paghi la metà. Ristorante migliore Aux bons amis, a Calvi: Tartare di tonno alle mele verdi, Triglie con tartine di formaggio e verdure, San pietro con carciofi e salsa di zafferano, Tiramisù ai frutti di bosco e Carpaccio di ananas.





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