giovedì 4 giugno 2015

Che ci facciamo noi nel PD due anni dopo.....(la mia crisi da civatiana)

Solo due anni fa scrivevo che stavamo nel PD per la presenza di idee e persone che potevano davvero farcela a cambiare questo paese, sempre così immobile tra la protesta velletaria e la difesa dei privilegi acquisiti.
Scrivevo che finchè ci sarebbe stato Luca Pastorino, come buon amministratore di sinistra, avremmo potuto credere che il PD poteva farcela a governare. Pastorino è uscito dal PD  dopo una brutta vicenda su primarie non corrette. Ora ha avuto circa un dieci per cento di consensi in Liguria, ma il PD ha perso il governo della Regione.
Scrivevo che finchè ci sarebbe stato Filippo Taddei la politica economica che avremmo portato avanti avrebbe modificato degli equilibri nel mondo del lavoro. Poi Taddei è diventato sottosegretario nel governo Renzi  e il Jobs act ha trovato oppositori tra gli stessi compagni che l'ascoltavano al Politic Camp di due anni fa.
Avevo la speranza che noi "civatiani" non saremmo diventati una corrente scissionista, che ce l'avremmo fatta a rimanere una coscienza critica ed a fare delle proposte che venissero accettate ed integrate nel partito. Anche con delle mediazioni. Penso che Civati abbia provato a farlo.
Ma l'ascesa di Renzi, la popolarità che ha creduto di ottenere, gli hanno  fatto credere di poter fare da solo, senza mediazioni, senza ascolto verso chi aveva cominciato un cammino insieme a lui. Sembra che si stia rinchiudendo in un fortino di ferro, sembra che gli vada bene l'autoesclusione di coloro che non condividono in pieno la sua politica.
Però se rimane Bersani, D'Alema perchè se ne va Civati? Per fare cosa?
Davvero crede che si possa riformare un partito di sinistra?
Quale sinistra?
Ad una manifestazione di SI Toscana a sinistra  a Grosseto, con la partecipazione di Vendola, saremo stati in piazza non più di una quarantina di persone. Età media 50 anni. Una tristezza incredibile. Vendola stesso ha detto che si è persa la fiducia che la sinistra possa davvero cambiare il paese. Si è persa la fiducia che una politica di sinistra rappresenti il cambiamento. SI Toscana ha preso il 6%, la quota che ha perso Rossi, la Lega di Salvini è salita
intorno al 17%.
Per questo Renzi insiste così tanto sul continuare con le riforme che ha promesso, a qualsiasi costo, come quello di perdere pezzi del partito. Vuole riuscire a mantenere la speranza che il suo governo rappresenti questo cambiamento, ma poi deve fare i conti con dei compromessi con la vera parte sociale che rappresenta, che vuole sì un ammodernamento, ma non un cambiamento radicale.
Credo che i i ceti sociali rappresentati dall'attuale centrosinistra siano favorevoli ad una minore burocrazia statale, ad uno snellimento delle procedure nel mondo del lavoro, ad una compartecipazione privata nei servizi di base, ad una scuola più efficiente e che formi attraverso competenze e merito, così come sono stanchi della corruzione, dei favoritismi, anche nello stesso partito democratico.
Sono per una tiepida protezione sociale, per un tiepido riformismo sui diritti civili, per le coppie di fatto, ma non per i matrimoni gay. Non sono favorevoli ad una tassa patrimoniale, perchè colpirebbe in fondo anche le seconde case che hanno costruito con tanta fatica al mare, ma potrebbero accettare l'estensione di un reddito minimo per chi non trova un lavoro.
Una parte di questo elettorato aveva creduto anche alle promesse moderniste di Berlusconi, poi però  rimasto deluso dal fatto che l'unico ad aver guadagnato dal suo ventennio di governo è stato lui e le sue aziende.
Invece quali ceti sociali si riconoscono in una sinistra più radicale? Pochi illuminati ceti intellettuali, borghesi, insegnanti, qualche impiegato, scarsissimi operai, alcuni precari, alcuni studenti. Non la maggioranza degli operai, non la maggioranza degli impiegati, non la maggioranza degli studenti e neanche degli insegnanti.
Per questo era importante che almeno alcuni di questi si sentissero rappresentati, all'interno del PD, da Pippo Civati. Poteva essere l'occasione di far comunque passare alcune riforme più radicali, di far pendere almeno a volte, la bilancia verso cambiamenti meno tiepidi. Uscendo dal PD si perde anche questa occasione e non si va verso una aggregazione davvero in grado di incidere.
Mi si obbietterà, come sta dicendo ora Pastorino, che i suoi voti non sono gli stessi del PD, che c'è una urgenza e una necessità di andare a pescare di nuovo i voti della sinistra radicale.
Non credo proprio, come direbbe Crozza-Razzi.
I voti più radicali sono diventati voti disillusi, voti che vengono dati al M5S, che promette una diversità da tutto il ceto politico (ma poi non sa come amministrarla in parlamento e negli enti locali non sono poi così diversi dalle buone amministrazioni di centrosinistra). Oppure ancora alcuni forse sono andati alla Lega, che sembra dare dei veri nemici, facili, individuabili, che si possono eliminare semplicemente con le ruspe.
Molti, moltissimi, non votano più.
Vivono tiepidamente nelle loro cerchie di affetti e realizzazioni personali, abbastanza bene da non protestare, abbastanza disillusi o ignoranti o arrabbiati da credere che la politica non li riguardi.



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