giovedì 26 febbraio 2015

La sottomissione, l'Islam, Marte e Venere.

Una riflessione che ho fatto leggendo il libro Sottomissione riguarda il ruolo delle donne. Mi sembrava incredibile che in quella storia  le donne occidentali accettassero la sottomissione agli uomini,  un cambiamento così radicale del loro ruolo. Mi sono così identificata in tale ipotesi che ho immaginato forme di protesta e contestazione, così come avrebbe dovuto descriverle nel romanzo Houellebecq, se fosse un autore meno misogino di quello che ci tiene ad apparire.
Ho cominciato poi a ragionare sul perché nei paesi arabi non ci siano  movimenti di protesta delle donne, almeno dalle notizie che se ne hanno da noi. Mi sono allora informata un po' in internet ed ho trovato che nei paesi occidentali ci sono donne musulmane che spingono per adeguare la religione ai tempi moderni, sostenendo che non vi è un motivo religioso per escludere, ad esempio, le donne dalle moschee, o intendere la sottomissione al marito in senso letterale o seguire altre regole che sono consolidate secondo la tradizione, ma non hanno un senso morale.
Un punto base da comprendere della religione islamica è proprio che non c'è una unica guida o una unica comunità alla quale riferirsi, come è accaduto invece per la religione cristiana, che riconosce nel Papa e nel Concilio gli interpreti unici del messaggio cristiano. E' più difficile quindi per chi osserva dall'esterno orientarsi negli usi e nelle forme che prende la religione musulmana a seconda della comunità  (sunnita, scita, salafita ecc.)
Quindi quando anche alcune comunità cominciassero a modificare le proprie tradizioni religiose e culturali, queste non sarebbero automaticamente accettate da altre comunità, più profondamente inserite in contesti nei quali ad esempio il ruolo della donna è ancora quello della famiglia patriarcale. Le battaglie del femminismo_islamico si svolgono  in prevalenza nei paesi occidentali.
Del resto anche nelle democrazie europee o nordamericane il ruolo della donna si è modificato prima nell'ambito socioeconomico e poi nella cultura e quindi nella religione. Sono state le rivoluzioni, da quella francese a quella industriale a modificare la funzione sociale delle donne. C'è stata una lunga e tormentata storia della nascita dei diritti femminili, che ancora non possono dirsi, neanche in occidente, del tutto acquisiti, soprattutto quelli sostanziali.
L'interpretazione più retrograda del ruolo delle donne all'interno  dell'Islam è forte in paesi nei quali non c'è stata né rivoluzione industriale e né la necessità del lavoro diffuso delle donne.
Nelle nostre società è stata  la seconda guerra mondiale a modificare  i rapporti uomo donna nel mondo del lavoro, perché la necessità di sostituire gli uomini impegnati sui fronti di guerra ( un tipo di guerra certo diversa, meno tecnologica, di quelle che si combattono oggi) ha dato accesso alla indipendenza economica, prima  base dell'indipendenza femminile.
La ricchezza della Arabia Saudita, monarchia assoluta nella quale vige come legge solo la Sharia, non è basata su una economia manifatturiera, ma sullo sfruttamento delle risorse. L'industria petrolifera impiega molta  manodopera straniera, non sembra aver creato un ceto medio di servizi nei quali sia fondamentale anche il lavoro femminile. Così si crea  un corto circuito nel quale meno le donne lavorano, meno sono istruite, meno combattono per i loro diritti.
Sembra allora che non sia pensabile una evoluzione politica dei diritti femminili e di tutti i diritti della persona in questi stati governati secondo le leggi islamiche non a causa della religione, ma a causa, come sosteneva un certo Karl Marx, delle strutture economiche e quindi sociali.
Però non sembra così semplice capire la diversità tra i paesi musulmani e i paesi occidentali. E' facile fare confusione  tra il piano politico/economico e quello religioso/culturale-
Le notizie di questi giorni (la guerra dell'ISIS in Siria e  in Libia, gli attacchi terroristici in Danimarca)  portano di nuovo in auge commenti ostili all'Islam e ai musulmani.
Molti infatti reagiscono all'orrore delle immagini delle decapitazioni attaccando la religione dell'Islam, altri cercano di tenere conto delle sfumature tra i moderati e i "fondamentalisti", ma  rischiano forse in questo modo di non prendere una posizione più netta nei confronti di alcune comunità musulmane che non rispettano i diritti individuali e che quindi possono avvallare alcune motivazioni propagandistiche  dei terroristi e dell'ISIS.
Alcuni studiosi, tra i quali Franco Cardini, sostengono invece che le differenze tra Islam e Cristianità non sono poi così rilevanti e che in realtà la crisi attuale tra occidente e musulmani nasce dai vari tradimenti che il mondo delle democrazie occidentali ha perpetuato verso il mondo islamico: la questione palestinese, la spartizione dell'area araba tra le potenze coloniali,  l'abbandono dell'Africa alle multinazionali, senza supportare i processi democratici.
Mi sono posta molti  dubbi, perché rientro sicuramente tra coloro che cercano di non avere un pregiudizio contro la religione musulmana ed in genere contro le religioni.
Ma cercando di capire mi sono chiesta come mai le religioni stiano diventando di nuovo ideologie politiche così militanti, così onnicomprensive e come sia possibile che molti giovani occidentali, anche donne, o giovani di paesi che comunque sono vissuti in modo laico, si facciano coinvolgere, si lascino conquistare dal fascino del fondamentalismo.
C'è una contraddizione nel nostro modo di pensare tra un principio di relativismo culturale, che cerca di accettare sullo stesso piano tutti i valori delle diverse culture e/o religioni, e un principio che difende comunque alcuni valori, come quelli  della persona,   come centrali, migliori, assoluti.
L'Islam appare come una religione che non accetta  i diritti individuali, nella sua ideologia è centrale la comunità, è alla comunità religiosa che si sottomettono i credenti, solo nella partecipazione alle leggi della comunità si è riconosciuti.
La Dichiarazione_islamica_dei_diritti_dell'uomo sottomette i diritti individuali alla legge islamica del Corano e della Sunna. La dichiarazione non prevede ad esempio la parità di diritti tra uomo e donna. E' stata elaborata proprio perché per alcune nazioni era impossibile aderire, per le differenze culturali basate sulla adesione alle leggi islamiche, alla Dichiarazione_universale_dei_diritti_umani dell'Onu.

Ad un interessante incontro della Associazione Metis e della Associazione Plinio Tammaro, "Mutamenti dell'anima e scenari del mondo", si discuteva della interpretazione dei recenti eventi politici e delle guerre nel medio-oriente alla luce delle teorie di James Hillman, psicoanalista junghiano che spesso si è occupato di leggere i fenomeni sociali attraverso gli archetipi. Durante il vivace dibattito tra i relatori (Eliana Belli, Maria Paola Moretti e David Tammaro) ed il pubblico sulle immagini della guerra, sull'intreccio tra gli aspetti sociali e i miti culturali e religiosi, sulla diversa appartenenza alla comunità nelle società musulmane od occidentali, sulla contrapposizione tra "noi" e "loro", su quanto si può rispondere all'odio della guerra di Marte con l'amore di Venere ho cominciato a pensare che potrebbero essere le donne a modificare l'Islam.  Sarebbe bello e significativo, come è successo in alcune primavere arabe,  che fossero loro a combattere perché venga riconosciuta la loro capacità e indipendenza, i loro diritti e così anche a modificare le comunità ed i paesi musulmani. Solo nella integrazione degli opposti, nella democrazia e nel confronto del dialogo si può trovare una via pacifica alla convivenza.

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