Mi sono tornati in mente gli anni ottanta, quando ho cominciato a frequentare il cinema.
A Grosseto non c'erano molte sale, insieme ai miei amici andavamo spesso al cinema Europa, nella zona nuova della città. Il posto all'esterno appariva un po' squallido, un brutto casermone squadrato. A volte ci nascondevamo negli antri grigi se dovevamo fare salino a scuola. All'interno però c'erano specchi e divanetti per l'attesa e ben due sale, con comode poltrone. A me piaceva di più la sala due, perché era piccola e raccolta, quasi una sala privata. Solo a volte capitava di prendere in affitto qualche videocassetta, negli ultimi anni del liceo, quando i miei genitori comprarono il videoregistratore.
Oggi il cinema Europa è stato trasformato in una banca, non saprei dire se il posto si presta di più per un simile scopo.
Spesso arrivavano solo i film più famosi. In effetti anche oggi, nonostante la multisala, molti film, soprattutto italiani, non vengono proiettati... tra i film finalisti al David di Donatello, soltanto due sono passati a Grosseto.
Il primo film che ricordo di aver visto è Il tempo delle mele. Ero piccola, forse frequentavo ancora le scuole medie.

Christiane F. Noi i ragazzi dello Zoo di Berlino ha rappresentato la scoperta della tossicodipendenza. In quegli anni Grosseto ne girava molta, io non frequentavo nessuno che ne facesse uso, in realtà frequentavo poche persone. Il film quindi mi proiettò in una dimensione che mi sembrò allo stesso tempo molto distante e molto vicina. Sentivo parlare di persone che si "facevano", ma non sapevo nulla su quello che succedeva a chi usava delle droghe. Il film fu come uno schiaffo, non tanto per le informazioni che dava, ma per l'angoscia che mi suscitò. La canzone di Bowie rimase indissolubilmente associata al film.

Discutemmo moltissimo de Il grande freddo, ci sembrava impossibile che la nostra amicizia sarebbe diventata qualcosa di diverso da quello che vivevamo, che ci saremmo lasciati, che la vita ci avrebbe cambiato. Invece è successo. Saperlo già da allora non ha reso più facile il distacco.
Rusty il selvaggio fu un innamoramento vissuto in solitudine: mi piacevano i ragazzi belli e difficili, tristi e irraggiungibili. Non tanto il protagonista giovane Matt Dillon, quanto lo sfuggente Mickey Rourke, con la sua moto. Poi però mi sono fidanzata con un ragazzo che sicuramente non era così. Stranezze della gioventù. Film bellissimo non solo per gli attori, grande fotografia e una colonna sonora indimenticabile ( Don't box me in di Stewart Copeland!).

Erano domande con un ventaglio di risposte, in quel momento, apparentemente, illimitate.
Attraverso i personaggi di questi film e di altri, casomai più vecchi, come C'eravamo tanto amati, abbiamo esplorato alcune di queste possibilità, abbiamo potuto amare e odiare, ci siamo sentiti falliti e abbiamo creduto che tutto fosse perduto, poi ci siamo potuti riscattare, abbiamo sperimentato la delusione e la rabbia, abbiamo lottato e ci siamo feriti. A volte siamo anche morti.
A ripensarci oggi, che il ventaglio si è ristretto, provo una grande tenerezza ed ancora però la stessa passione di vivere vite che non sono la mia. Con la consapevolezza che non lo saranno, senza rimpianti (o solo un po').
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