Infine
il tipo di scrittura varia molto da scena a scena: ci sono dialoghi,
elenchi, a volte essenziali, a volte lunghissimi. Ci sono abbreviazioni e
iniziali che disorientano, termini colloquiali o troppo tecnici. Ci
sono note che invece che agevolare la lettura la rendono ancora più
articolata e complessa (ed ho spesso deciso di saltarle). Ci sono
descrizioni che entrano nei dettagli di oggetti e di ambienti che si
fatica a trovare significativi ed a volte diventano solo rumore di
fondo. Mi sono trovata a leggere quasi come se navigassi in un mare di
dettagli nei quali cercavo un orientamento, come se dovesse prima o poi
arrivare un segnale che desse un ordine, ma senza riuscire ad approdare
davvero da qualche parte. Poi all'improvviso dopo pagine di navigazione
di lettura ecco una perla, una pagina entusiasmante, che illumina il
percorso, ma senza davvero connetterlo in un unico senso.
Ho quindi deciso di lasciarlo, di sospenderlo, mi sono detta, per un po', come avevo sospeso la lettura di Proust, nell'attesa di trovare un momento giusto per riprenderlo. Poi, in un momento di nuovo molto particolare della mia vita, dopo la perdita atroce di mia figlia, ho trovato la biografia di D.T.Max, che ha fatto rinascere una curiosità verso IJ.
Per riannodare i fili mi sono trovata a cercare in rete una sorta di bignami del romanzo ed ho trovato sul sito Scarabooks una utilissima guida che ho utilizzato per non riprendere l'orientamento.
Poi piano piano non ne ho avuto bisogno e la mia lettura è stata sempre più facile. Le storie nella seconda parte del libro si intrecciano maggiormente, i personaggi principali sono più individuabili. Gli ambienti diventano familiari. Ho continuato a pensare che se Wallace avesse sacrificato una parte delle pagine che ha scritto il risultato sarebbe stato più unitario, ma poi, alla fine, mi è sembrato anche di percepire perchè potrebbe non averlo fatto.
Pur nella critica del realismo, pur situandosi quindi nella corrente postmoderna, Wallace sembra in realtà voler riprodurre con la iperrealtà della sua letteratura la complessità e caoticità della vita. La impossibilità di dare ordine, coerenza ai vari dettagli, di decidere cosa sia essenziale e cosa no, non fa parte in fondo delle nostre stesse esperienze? Cerchiamo inesorabilmente un ordine che siamo destinati a non trovare. Alla fine mi è sembrato di vedere questo nella sua sovrabbondanza di scrittura. Così come cerchiamo un piacere che non si riesce a trovare, la cassetta di Infinite Jest, e che può solo portare ad una forma diversa di morte. Così come cerchiamo di combattere il dolore, ma rimaniamo impigliati nelle dipendenze da sostanze. Non c'è nulla in questo romanzo che salva, non c'è neanche l'amore, perchè anche l'Amore è una dipendenza.
"Iniziano la cosa con i bottoni uno dell'altro. Non c'entra la conquista o la cattura forzata. Non c'entrano le ghiandole o gli istinti o il brivido che spacca il secondo o il chiodo fisso di doverti lasciare andare; non c'entra neanche l'amore né l'amore per qualcuno che desideri dentro di te, dal quale ti senti tradito. Non c'entra l'amore e non è mai l'amore, che uccide chi ne ha bisogno." (pag.678 ed. Einaudi).
C'entra molto il dolore della Cosa: " La Cosa è un senso di male radicale e completo, e non è una caratteristica, ma piuttosto l'essenza dell'esistenza cosciente. la Cosa è un senso di avvelenamento che pervade l'io ai livelli più elementari. La cosa è una nausea delle cellule e dell'anima. E' l'intuire che il mondo è molto ricco e animato, ma anche completamente doloroso e maligno e antagonistico nei confronti dell'io" ( pag.834).
Alla fine del romanzo la cartuccia master del film che produce il piacere più assoluto, il piacere che porta alla morte, non si trova; alla fine del romanzo, senza voler svelare troppo della vicenda, ci sono solo due dei protagonisti principali (Hal Incandenza e Don Gately) stesi e immobili a confrontarsi con il dolore della astinenza ed il dolore fisico di un trauma, attraverso i ricordi di altri traumi e di altri dolori.
In questo romanzo non c'è catarsi, non c'è un vero sviluppo, la prima scena è quella che potrebbe essere cronologicamente l'ultima della storia, ma anche solo una invenzione. I personaggi rimangono nonostante tutto uguali a se stessi e imprigionati nei loro ruoli.
E la vita è solo un caos di dolore insensato, uno scherzo senza fine ( e forse ora, nel particolare mio momento di vita, sento una incredibile sintonia con IJ).
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